31 luglio 2008

Parla tu che sai, anzi telefona


L'amica Paola segnala e noi molto volentieri rilanciamo

Se vedi o trovi un animale abbandonato chiama il 112 oppure invia un SMS al
334.105.10.30

E’ un' iniziativa di Autogrill e Polizia Stradale.
http://www.prontofido.net/index.asp?action=27&id=736
Copia questo testo e postalo nel tuo blog
Copia questo testo ed invialo via sms e via mail ai tuoi amici e conoscenti
Non abbandonateli!

Per cortesia aderite.
Grazie

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30 luglio 2008

Rivisitando ricette estive

Per questa sera sto preparando un piccolo menù (quasi) light e veloce e sopratutto senza forno ;-)

Zucchine al limone
Polpette di Pesce al Vapore ( con riso indiano)

Gelo di Pompelmo Rosa


Se vi va di cenare insieme...
Kat

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28 luglio 2008

Carpaccio grigliato in insalata

Un idea sprint ma molto gustosa pescata nell'ultimo numero di Elle à table e interpretata in modo un po' rusticotto perché in frigo non avevo una bella "misticanza". Il carpaccio (a casa nostra rigorosamente di bovino adulto) invece c'è sempre, a dir vero in congelatore perché viene usato una o due fette per volta per gli spaghetti cinesi.
Il sesamo lo avevo, la senape pure, i cipollotti mancano di rado e ai pomodori ha pensato l'orto.
A persona servono 70-80 grami di carne, il resto di conseguenza, calcolando di avere (non più a peso ma guardando al volume) due terzi di verdura e uno di carne.
Si inizia facendo tostare il sesamo che si mette da parte. Quindi nella stessa padella appena unta d'olio si fa grigliare un minuto per lato il carpaccio tagliato a strisce. Lo si mette nell'insalatiera
e si copre con una vinaigrette preparata emulsionando una buona senape, il miglior aceto che avete, sale e olio evo. E, se piace, un po' di coriandolo sminuzzato. Si aggiungono sesamo e (a piacere) cipollotto tagliato a velo e si lascia intiepidire un po' prima di completare, al momento di servire, con l'insalata e i pomodori .
Chi apprezza salsa di soja e/o teriyaki saprà farne buon uso.
A noi è piaciuto così.
Kat

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25 luglio 2008

Aggiornamenti felini




Nathalie ci ha mandato notizie fotografiche di Oro e di Turchino, il mammogatto.
Mhhhrrrrrrrrrrrrrrrrrr!

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23 luglio 2008

Appunti di viaggio n° 3 - Geirangerfjord


"Il giorno dopo vi sveglierete in un mondo nuovo" recita la piccola guida che l'Hurtigruten offre ai "croceristi" partiti da Bergen.
Vero, verissimo.
Bisognerebbe però iniziare dalla notte.
Cabina con cuccette, ottime peraltro, non diverse da lettini singoli ma, ecco, sono singole!!! :-( Ve l'abbiamo già confessato che, seppur entrambi di stazza abbondante, a casa rimaniamo fedeli al nostro matrimoniale francese da 140?). Inoltre, nel periodo che ci vede in viaggio, entra in linea di conto anche la non-notte. E' come lasciare la TV accesa e avere costantemente la tentazione di dare una sbirciatina. La voglia di rimanere in ginocchio sulla cuccetta e passare la "notte" a guardare dall'oblò è forte. La motonave ha qualcosa di un enorme gatto, fa le fusa e talvolta sussulta un po' nel sonno. Il paragone a dir vero è sbagliato perché non dorme mai.
Noi si, ma qualche ora soltanto.

Sono le 4 e 20, Remy si sveglia e guarda fuori. "C'è qualcosa di bello?" chiede Kat con un solo occhio aperto. "Siamo fermi". Remy è un po' preoccupato, Kat prende dal comodino il foglietto degli orari degli scali: "Stiamo facendo scalo a Måløy" (ma non c'era un nome più facile da scrivere? ;-)
Che si fa? Ci alziamo a vedere il nostro primo scalo? Quando la motonave ha attraccato a Florø erano le due di notte (recita la tabella di marcia) e noi dormivamo sodo. Chissà chi è sceso, chi è salito? L'Hurtigruten, seppur si presenti come una comoda nave da crociera, è e ci tiene a rimanere una nave "da lavoro" che traghetta, oltre alla posta, merci, autovetture e passeggeri locali. E talvolta anche qualche defunto.
Il prossimo scalo è alle 8 e 45 e ci sono 40 minuti per scendere a terra. Non ancora abituati a vivere al ritmo degli scali, avevamo messo la sveglia alle 7. Alle 7.45 andiamo alla scoperta del breakfast della Kong Harald. Un delirio, come quello dell'albergo, tranne le aringhe affumicate. Qui sono in agrodolce e nemmeno Remy osa provarle a colazione.
Alle 8 e 30 siamo già pronti e, diciamolo, scalpitanti e ... andiamo incontro alla nostra prima lezione di pazienza. L'Hurtigruten non perde tempo ma ha i suoi tempi, tempi ai quali i passeggeri si devono adattare. Se la nave ritarda lo scalo si abbrevia. Inoltre il Postale non aspetta i ritardatari. L'ordine di rientrare 5 minuti prima dell'orario in cui si salpa è perentorio.
Le operazioni di sbarco iniziano alle 8 e 50 e abbiamo solo mezz'ora per sgambettare in città.
Per fortuna l'attracco è praticamente nel centro di Ålesund (pron. Holesund). Seppur conti 40.000 abitanti, noi la troviamo deserta, forse perché è domenica. Saranno tutti a messa o ancora a letto? La città, distrutta da un incendio, è stata ricostruita in stile "art nouveau" e, almeno la parte da noi visitata, è gradevole anche se l'assenza di persone (e l'ansia di rientrare in tempo) non ci permette di gustarla appieno ma ci faremo nuovamente scalo a fine pomeriggio.

Come rientriamo in cabina, organizziamo zaini e abbigliamento per salire su un ponte esterno. Ci attendono i 100 km da Ålesund a Geiranger in uno dei fjord più spettacolari della Norvegia.
Un po' di emozione per il nostro primo vero fjord, un po' di curiosità e anche un pizzico d'ansia: ora ci toccherà scoprire se questo è davvero il "viaggio più bello del mondo" vantato dai cataloghi o se è tutta una bufala o ... oooooh, anzi oooooooooooooooooooooooooooh !!!


Montagne scoscese da ambo i lati, casette isolate in posti da favola, paesi in luoghi per noi impensabili (tra l'altro in uno di questi, Ekornes, hanno inventato le famose poltrone Stressless e c'è ancora una delle fabbriche del gruppo, si si, a metà di un fjordo lungo 100 km che il Postale percorre solo d'estate). Potremmo raccontarvi tutto questo come è raccontato in ogni guida turistica ma la vera bellezza dei fjordi sta nelle sensazioni che si provano e queste sono senz'altro diverse da persona e persona.


Cosa abbiamo provato noi? Ah, se le emozioni si potessero riprodurre a parole che povera cosa sarebbero. Qualcuno, ancora in preda ai ritmi cittadini, si agita un po', spostandosi da un ponte all'altro, da babordo a tribordo. Ma piano piano il ritmo da crociera si fa strada anche tra i più frenetici.
Approposito di ritmi, noi stavamo viaggiando a 25 nodi (poco meno di 50 Km/h) ma lui (o lei) non batteva nemmeno le ali.


Abbiamo comunque impiegato quasi 4 ore a percorrere gli oltre 100 km del fjord. La velocità di crociera si riduce in molti punti stretti e in quelli ancora più numerosi che richiedono una pausa per ammirare e fotografare.


Geiranger sembra un paesino di alta montagna sorto sulle rive di un lago alpino e non in fondo ad un "corridoio" dell'oceano. Durante le manovre di scarico e carico merci noi scendiamo in sala da pranzo e scopriamo di essere tutti rossi per il sole.
Ciononostante, quando l'Hurtigruten riparte siamo di nuovo al nostro posto sul ponte esterno. La pace e la serenità che abbiamo provato all'andata meritano di essere rivissute al ritorno con meno frenesia di scoprire le decine di cascate spettacolari. Riuscite a vedere l'oggetto disegnato da questa? Per aiutarvi diremo che questa cascata si chiama il pretendente, che le sette sorelle che scendono dalla parete rocciosa di fronte a lui lo hanno rifiutato e che per consolarsi...


Alle 17 e 30 siamo nuovamente a Ålesund che, con un po' di persone per le strade è decisamente più carina.
Ma tutti quanti parliamo della capacità dei norvegesi di creare imprese nei posti più impensabili. Ci siamo scordati di dirvi che in uno dei paesini a metà del Geiranger c'è anche ... una fabbrica di pizze surgelate...............

Kat e Remy

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22 luglio 2008

Radici

I francesi, maestri nel dar lustro alle più umili cose, le chiamano "légumes oubliés", verdure dimenticate. Non trovandole più neppure noi, anche quest'anno le abbiamo fatte crescere nell'orto così possiamo regalarci insolite insalate grattugiate dove alle banali carote e all'appena meno banale sedano rapa si sposano cavolo rapa e rapa rossa (barbabietola) cruda.
Poco limone, poco sale, olio evo a piacere.


Kat e Remy

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21 luglio 2008

Un po' genovese un po' scozzese

Quando si parla di zucchine o fagiolini, una delle specialità dell'orto è di "consegnarle" sempre tutte insieme, valanghe delle une e degli altri. Un po' si regalano ad amici, colleghi e vicini , sempre che non abbiano, cosa frequente da queste parti, anche loro un orticello che sforna inverosimili quantità quotidiane di zucchine e fagiolini, che se ti distrai diventano bazooka e tronchetti. Con i "tronchetti", ma volendo anche con qualche bazooka, la nonna Fannie, che aveva avuto a sua volta una nonna ligure, mi ha insegnato, ormai secoli or sono, a fare il classico tortino (o polpettone) di verdure, ma si, quello che prevede due terzi di fagiolini e un terzo di patate.
Solo che, quel giorno, (uno degli ultimi della licenza matrimoniale ;-) ero rimasta senza patate e senza la benché minima voglia di andare a comprarle. Era giunta l'ora di fare una prova mille volte rinviata, mettere dei fiocchi di cereali al posto delle patate, fiocchi d'avena in questo caso. Al massimo, se proprio veniva una schifida schifezza collosa, potevamo sempre uscire a pranzare con un mega gelato!
E invece è buonissimo e sopporta persino meglio di essere preparato il giorno prima.

L'ho fatto con :
- un chilo circa di fagiolinoni
- 150 g di fiocchi d'avena
- 2 o 3 uova, secondo il calibro
- un pugnetto di funghi secchi
- un bel pizzicone di maggiorana secca o tre rametti di maggiorana fresca
- un cipollotto
- parmigiano a piacere
- pan grattato
- olio e.v.o

L'ho fatto così :
Mentre i fagiolini cuocevano in un pentolone d'acqua salata (quelli un po' grossi impiegano anche 20 minuti) ho fatto ammorbidire la cipolla in olio evo a fuoco dolce in una padella, ho aggiunto i funghi ammollati e tritati e dopo un po' la loro acqua d'ammollo (lasciando ovviamente da parte l'eventuale sabbiolina del fondo). Quando i funghi mi sono sembrati quasi cotti ho aggiunto i fiocchi d'avena e un paio di mestoli di acqua di cottura dei fagiolini. Cinque minuti su fuoco dolce, mescolando ogni tanto, il tempo che assorbano bene l'acqua. Quindi ho scolato e passato i fagiolini col passa verdura aggiungendo il passato in padella. Tradizione vuole che, aggiunta la maggiorana, si faccia insaporire il tutto qualche minuto sul fuoco. Quindi si lascia intiepidire prima di aggiungere le uova sbattute e metà del parmigiano. L'altra metà si mescola col pan grattato e servirà a cospargere il tortino. Se il parmigiano non basta a salare a vostro gusto, aggiustate di sale. Ungete bene d'olio una teglia grande, una volta in teglia il composto deve essere spesso al massimo due dita, livellate, cospargete della miscela parmigiano/pangrattato, aggiungete qualche ghirigoro d'olio infornate in forno già caldo a 180° per 45 minuti. Se dovesse colorare troppo coprite con carta forno o alluminio.
Si gusta tiepido o freddo ma non troppo, magari con un insalata.

Sicuramente si possono usare altri fiocchi di cereali , purché non troppo grossi oppure parzialmente macinati, ma non posso garantire che la giusta proporzione sia la stessa.
Kat

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17 luglio 2008

Appunti di viaggio n° 2 Bergen (secondo giorno)

A gentile richiesta ( di mrs Bee che poi salpa per le vacanze) accelleriamo un po' i tempi.
E si fa volentieri, anche se con parecchia nostalgia perché a Bergen eravamo solo 15 giorni fa e domani mattina non ci dispiacerebbe affatto svegliarci là... ;-)


Cercando l'ombra a Bergen n. 2
Ebbene si, sole a picco anche sabato, giornata libera prima dell'imbarco sul Postale dei fjordi previsto alle 18.30.
La prima notte senza notte non abbiamo dormito molto bene, vuoi per il caldo (abbiamo tolto gli inevitabili piumini nordici che imperano dalla svizzera in sù e ci siamo avvolti nei copripiumini) vuoi per i primi effetti della luce perenne, tant'è che al mattino ci siamo alzati piuttosto presto. Eppure ci sentivamo stranamente in forma. Siccome ci aspettava una giornata intensa con pasti imprevedibili, ci siamo avventati sul breakfast in albergo con piglio guerresco, da veri vichinghi per dirla come Remy. A parte pane, marmellata, cereali, latte e yogurt, c'era un generoso buffet salato. "A la guerre comme à la guerre" ci siamo detti... Remy ha persino assaggiato le aringhe affumicate. Buonissime! Kat conferma, davvero buone.
Quando siamo usciti (8, 8 e mezza?) dopo aver abbandonato le valigie nella provvidenziale Baggage room dell'hotel, faceva già piuttosto caldo e c'era già parecchia gente per strada, soprattutto turisti a dir vero. Al sabato mattina, nelle località meno ambite, in giro non c'è anima viva. Oltre a tutto noteremo presto che, dopo l'ubriacatura di sole del primo giorno, anche i norvegesi cercano l'ombra. Noi siamo andati a cercarla sulle alture della città grazie alla tanto (e giustamente) decantata funicolare di Fløyen .
E conviene davvero iniziare da lì, prima che arrivi la folla. Cosa c'è da vedere a Fløyen, anzi da Fløyen? Questo:


Decidiamo di ridiscendere a piedi per un largo sentiero tra betulle, conifere, felci e mirtilli. L'aria è piacevolemente fresca e il sentiero ombreggiato e profumato in mezzo a fiori, erbe e piante che ci ricordano le passeggiate in alta montagna nelle nostre alpi.


Dopo un oretta a passo tranquillo incontriamo quello che in un parco montano potrebbe essere un viale alberato, faggi di corporatura norvegese (mai visti da nessun'altra parte di così grandi ) mentre coraggiosi jogger di ogni età sudano in salita a ritmi degni dei nostri skyrunner.
E, quasi senza accorgercene rientriamo in città , direzione il centro, sentre si dice da queste parti.


Il Bryggen, come una calamita, ci attrae ancora una volta, questa volta con la scusa di respirarne ancora l'atmosfera e visitare una casa ad angolo trasformata nel museo della Lega Anseatica. Prima però passiamo nella più famosa panetteria della città (Bakeri Brun) a rifornirci di pagnottelle.


Abbiamo ancora un paio di zone raggiungibili a piedi da visitare. E' Sabato e sono di nuovo tutti in strada (ci sono anche molte facce da giorno dopo). Decidiamo per il lago del parco cittadino, la biblioteca, i musei, la parte moderna insomma. Fa già caldo, molto caldo. Insolitamente caldo e, in qualche modo è festa.


Intanto il "carburante" della colazione sta per esaurirsi e... ritorniamo al mercato del pesce dal simpatico siciliano che ci propone, tanto per cambiare un po', del salmone solo lievemente affumicato quindi cotto in forno con erbe aromatiche e un pizzico d'aglio. Da sottolineare che l'aglio, in questo paese così poco mediterraneo non fa paura a nessuno. Capito adesso a cosa servivano le pagnottelle?
Per andare nella zona che ancora ci resta da visitare si passa da una strana salita zigzagante tra aiuole e alberi. Cerchiamo un posto all'ombra, oggi più difficile da trovare perché ormai la cercano tutti e ci facciamo un enorme e lussuriosissimo panino con il salmone prima di lasciarci cadere sull'erbetta delle aiuole, cosa assolutamente normale e autorizzata.


In cima alla salita ci sono le prime case del quartiere che noi abbiamo soppranominato "di legno". L'architettura cambia ancora. Bergen sembra una serie di villaggi uniti insieme come le tessere di un puzzle, qualcuno modernissimo, qualcuno più rurale.
Le viuzze strette scendono ripide verso il fiordo successivo dove fino a qualche anno fa si susseguivano stabilimenti che lavoravano aringhe e sardine e ora si alternano i caffé (che in Norvegia sono luoghi dove si mangia (spesso bene) e beve e chiacchiera a lungo, molto a lungo, anche se si ordina solo una birra, anzi, una birra sola).


I chilometri a piedi sotto questo sole a picco cominciano a farsi sentire. Decidiamo di cercarci un posticino all'ombra dove passare l'ultima ora a Bergen. Ma sono le 4 del pomeriggio e ombra ce n'è poca e poi questo quartiere è così bello da girare, così riposante e, per noi, così straniante. Passeggiamo tranquillamente prendendo all'incirca la direzione dell'albergo e delle nostre valigie e scopriamo i "campi" di fragole di Bergen.


Alle 17 e 20 dovrebbe arrivare l'autobus che fa il giro degli hotel per recuperare i passeggeri dell'Hurtigruten. Ovviamente arriva alle 17 e 18. Questa volta, per raggiungere il molo dove attracca il Postale dei Fjordi, ci attende il nostro primo tunnel. La Norvegia è tutta trapuntata di tunnel, cittadini, ferroviari e sottomarini.
Le operazioni di imbarco sulla Motonave sono rapidissime (tipo check-in in areoporto in un terminal modernissimo e tipicamente scandinavo nel suo minimalismo).
Muniti della tessera magnetica che sarà il nostro passaporto per salire e scendere dalla motonave durante tutta la crociera, partiamo alla scoperta della Kong Harald, classe 1993, sei piani, pardon, sei ponti di efficienza e, si, anche di morbidezza. Chilometri quadrati di moquette!
Ritroviamo i bagagli davanti alla cabina. E' piccola ma funzionale e in poco tempo Kat (sbattuto fuori Remy) riesce a disfare le valigie. Con tutta calma (e una k-way) raggiungiamo uno dei ponti scoperti per vedere l'inizio della scia che ci accompagnerà per 6 giorni.


Come sta scritto in tutte le guide, con il gran caldo, con la pioggia, nebbia, lupi cattivi o catastrofi, alle 20.00 in punto, come tutte le sere, il traghetto postale salpa da Bergen.

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16 luglio 2008

Appunti di viaggio n° 1 - Bergen

Cercando l'ombra a Bergen
La guida che abbiamo letto prima di partire diceva: Bella cittadina ma, non ditelo ai locali che lo prenderebbero storto, a Bergen piove quasi sempre.


Noi l'abbiamo vista così:
Dopo anni di viaggi organizzati, assistiti e coccolati, eravamo un po' preoccupati per lo scalo (risicato) a Copenhagen e l'autobus da trovare dall'areoporto alla città in un paese dove tutti parlano inglese ma con un forte accento nasale.
In ogni caso riusciamo fortunosamente a capire che quella era la fermata per il nostro hotel e scendiamo frastornati, stanchi per le dieci ore di viaggio tra autostrada, attese in areoporto, due aerei e mezz'ora di tragitto in bus grazie al quale abbiamo però avuto il primo choc: al livello del mare la vegetazione è la stessa che qui da noi cresce oltre i 1500 metri.
A Bergen fa caldo, 28° forse più, siamo accaldati e un po' smarriti ma, appena posate le valige sul marciapiede, ridiamo: manco a farlo apposta siamo scesi dal bus vicino ad un mercato. Dietro al mercato c'è il mare e sulla destra si intravvedono le celebri case della Lega Anseatica.


Ma il nostro albergo dov'è?
L'autista, un esile signora sui sessant'anni, ha detto "dritti, primo" ma il primo è un'altro e... chiediamo al fioraio del mercato.
Facciamo i 200 metri nella direzione indicata con le valige che sballonzolano sulle loro vecchie rotelle e l'ansia che sale. Si, è lui.
Mannaggia sono già le 17 e abbiamo letto che in Norvegia i negozi chiudono presto e i ristoranti cominciano il servizio alle 18 e dopo le 20 non c'è più verso di mangiare.
Posate le valigie in camera senza neanche guardarla (tanto era solo per una notte) rinfrescata velocissima e via di corsa a cercare qualcosa da mangiare. Avevamo sgranocchiato solo qualche cracker in aereoporto e il buco nello stomaco stava diventando una voragine.
Quello che scendendo dall'autobus avevamo scambiato per un mercatino settimanale era invece il celeberrimo mercato del pesce di Bergen dove, superata una spessa coltre di maglioni e souvenirs più o meno improponibili, si vende quasi esclusivamente pesce affumicato, in salamoia o conservato nelle migliaia di modi diversi in uso in Norvegia.


"Buona sera, ben arrivati !" ci saluta un ragazzo con i capelli ricci da dietro un banco stracolmo di salmone affumicato. E intanto ci allunga un assaggino.
Scopriamo che è siciliano, di Trapani, e tra una chiacchiera e l'altra ci prepara due panini con salmone selvaggio (non si può passare da Bergen senza mangiare un panino con il salmone affumicato al mercato del pesce. Calcolate 50 nok a panino).
Mentre lo gustiamo ci incamminiamo verso il Bryggen (il quartiere storico).
Fa caldo e il sole a picco è impietoso. A picco? A quest'ora ? Guardiamo l'orologio e iniziamo ad insospettirci. Sono quasi le sei e il sole ci dice le 2, al massimo. Un conto è sapere che avvicinandosi al polo, d'estate, non viene mai buio, un conto è viverlo, vederlo, sentirlo sulla pelle.
Scopriamo che, con l'orario estivo, i locali rimarranno aperti sino a notte fonda ma i dehors sono già affollatissimi di indigeni che mangiano e bevono birra. Notiamo con stupore che i posti più ricercati sono quelli al sole. Con questo caldo?!!!?


Rientriamo in albergo per una doccia vera e per metterci qualcosa di pulito e di più fresco. Più fresco? In Norvegia? Di sera ?
Stando alla posizione del sole, sono sempre le 2 del pomeriggio.
Attraversiamo nuovamente e con più calma il mercato dove scopriamo che in Norvegia si sgranocchiano gamberetti in un cornetto di carta come da noi si farebbe con le caldarroste e ormai ovunque con le patate fritte. Qualcuno mangia dei lamponi o delle ciliegie direttamente dalle piccolissime confezioni.. Le bancarelle della frutta hanno praticamente solo fragole, ciliegie e lamponi. Non siamo ancora abituati ai Nok, la moneta locale, e dobbiamo rifare due o tre volte i conti per capire come mai per merenda le mamme comprano una mini vaschetta di frutti di bosco ai loro figli anziché il gelato. Le ciliegie costano dai 12 ai 16 euro al chilo e il resto è in proporzione. Ma gli effluvi di fragola e lampone quasi coprono quelli del pesce affumicato.
Costeggiamo nuovamente le belle case colorate della Lega Anseatica (i mercanti marittimi tedeschi che per 200 anni ebbero il monopolio del commercio dello stocafisso da Nord a Sud). Pur sapendo che in realtà sono state ricostruite (davvero benissimo) dopo uno spaventoso incendio, conservano un certo fascino.


Intanto il sole inizia finalmente a scendere ma ormai ci bruciano gli occhi. (Ancora non lo sappiamo ma avremo gli occhi arrossati per gli otto giorni successivi). Cominciamo a sentirlo scottare e a cercare l'ombra, sono quasi le 8, pardon le 20.
Dal centro storico ci spostiamo di poche centinaia di metri e siamo nel centro moderno della città. Un vialone larghissimo, quasi una piazza, semipedonale e affollatissimo come il lungo mare. Gli abitanti si godono il caldo e il sole abbastanza rari a queste latitudini. Eppoi è venerdì sera, giorno dedicato al culto della birra.
Giriamo alla ricerca di un posto dove cenare. I locali sono gremiti (specialmente i posti al sole, nonostante i 28° all'ombra) oppure deserti o pieni di signori di mezza età dall'equilibrio ormai incerto.
Mangiamo in due una gigantesca porzione di cozze al vapore e, sempre in due, una zuppa di pesce, (tranne in Italia, la zuppa di pesce è una minestra densa, nel nostro caso con pezzi di stoccafisso e julienne di verdure croccanti). Buona la birra locale (Hansa, €8 il bicchiere da 0,40). Delizioso il pane che sembra una focaccia alta alle erbe.
Passeggiata postprandiale allontanandoci dal centro, sempre con il sole negli occhi sempre alla ricerca di un po' di fresco. Sono le 21.30.
Scopriamo un terzo "centro", non concentrico agli altri due, anche questo affollatissimo di gente a spasso.
Quando alle 22.30 crolliamo a letto, il sole è finalmente sceso dietro a un promontorio. Noi un po' dormiremo, la luce no. A luglio, da Bergen in sù, non viene mai notte.


Kat e Remy

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15 luglio 2008

Appunti di viaggio n. 0 - Norvegia andata e ritorno

A dir vero, di appunti ne abbiamo presi pochini. In fondo, eravamo in viaggio di nozze! Il primo che ride verrà chiuso nella botte.

La foto è stata scattata a Tromsø. Indovinate come mai la dedichiamo a Miciapallina e Grande Gatto ;-)
Seguendo il filo tracciato dalle foto cercheremo comunque di portarvi con noi lungo i 9 giorni del nostro viaggio da Bergen a Oslo passando da Kirkenes. Un po' per volta perché emozioni, sensazioni e scoperte sono state davvero molte.
Fra tutte di sicuro il sole di mezzanotte. Di questo fenomeno sapevamo fin dalle lezioni di geografia delle elementari. Si ma... vederlo con i propri (arrossatissimi) occhi è tutt'altra cosa e le foto riescono a malappena a suggerirne l'impatto. Così come è difficilmente raccontabile la sensazione che la costante presenza della luce carichi l'organismo di una bizzarra energia che man mano rende praticamente insonni. A meno di non esser dotati della capacità di arronfamento dei ventenni, a bordo del Postale norvegese si dorme pochissimo. Senza patirne minimamente.

La Norvegia, terra aspra ed esigentissima (e pressoché inabitabile appena ci si allontana dalla costa temperata dalla Corrente del Golfo) conta solo 4 milioni 640 mila abitanti (ebbene si, meno della Svizzera) e di questi 536 mila nella capitale Oslo ma al venerdì sera, d'estate, sono tutti, ma proprio tutti, per strada...

Due ore dopo, diciamolo, ritroverete molti di loro alquanto barcollanti.
Tenendo presente che nei locali pubblici non c'è modo di trovare una birra a meno di 7 euro, "l'allegria" del fine settimana è un lusso ma nessuno ci rinuncia.
E' risaputo, la Norvegia è cara, in particolare i mezzi pubblici, efficientissimi ma innegabilmente costosi. Contate 15 nok (le corone norvegesi) ovvero 2 Euro per un biglietto dell'autobus a Oslo. Ah già, c'è anche da riprendere l'abitudine di fare i conti in una moneta diversa dall' Euro e non è così facile. (A Sharm el Sheikh, tanto per dirne una, ormai, si può pagare in Euro ricevendo il resto in Euro. A Oslo, Bergen o Tromsø, ovviamente no).
Però ad Oslo avrete la scelta tra treni locali, metro, tram, autobus, qualche ricksho e...

per prendere quello giusto...cliccate sulla foto

Col n.91 si raggiunge via mare la penisola di Bygdøy, sede della maggioranza dei musei. Forse però si fa più in fretta via terra col n. 30 ;-) Intanto si visita mezza città, compresi i "giardini del Re".
Dall'aeroporto Gardermoen a Oslo S (sentral stasjon) e viceversa, volendo evitare di svenarsi, consigliamo i treni locali (Local Tog) o regionali- che peraltro si fermano sotto l'aeroporto. No che non è fantascienza! Ci mettono un po' di più dei treni privati Flytoget (autentiche schegge) ma viaggerete con e come i norvegesi in vagoni provvisti di distributori di caffé, raccolta differenziata e scomparto bagagli a prova di mega zaini. Tenete presente che, in questo paese dove il centro città è prevalentemente pedonale, tutti trovano normale andare a piedi dalla stazione o dalla fermata dell'autobus all'albergo. Verificate le rotelle della valigia prima di partire!
La Norvegia, paese produttore di petrolio, è una nazione avanzatissima sul fronte del risparmio energetico e difesa dell'ambiente. Epperò... non molla riguardo alla caccia alle balene e alle foche.

Buona piccola notizia, siccome cala la richiesta, per quanto riguarda le balene sta calando e di molto anche la caccia. Al mercato del pesce, così come al ristorante, vi verrà comunque proposta carne di Hval (hvalbiff). Basta dire di no e, senza per questo rassegnarsi, tenere sempre a mente che persone capaci di vivere per secoli da sole in posti come quello della foto seguente malgrado mesi invernali quasi completamente bui e con il mare come unica via di comunicazione non lasceranno mai che siano altri a decidere per loro.

Purtroppo tra le 500 foto fatte da Remy non ci sono ne Pulcinelle di mare ne Aquile pescatrici. Le gite che consentivano di vederle da vicino erano alternative a quelle che abbiamo scelto questa volta ma un giorno, chissà...
Va detto che a Oslo, come ovunque sulla costa norvegese, a fare da sottofondo è soprattutto la voce di un' altro autoctono onnipresente e a volte invadente pennuto.

Se non sapete che libri portarvi (sul Postale c'è parecchio tempo per leggere, scrivere, lavorare a maglia, meditare, guardare il paesaggio come fosse la TV - 24 ore su 24 e , dal terzo ponte in sù, persino dall'oblò delle cabine - ma, meraviglia, non c'è la TV) suggeriamo Il Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach oppure la Gabbianella di Sepulveda ;-)
Per quanto riguarda il vestiario la cosa è più complessa, a meno che non siate abituati ad andare in montagna e quindi ad incontrare le quattro stagioni in una sola giornata.

Prossima tappa Bergen.
A presto

Kat e Remy

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13 luglio 2008

Una scia lunga 2525 km


Siamo tornati con 500 foto e tanta voglia di raccontare quello che abbiamo visto sulla rotta tra Bergen e Kirkenes (Norvegia del nord).
Il tempo di riabituarci alla notte (là con l'estate artica il sole non tramonta mai), di riordinare le idee e... ci proviamo.
Kat e Remy

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03 luglio 2008

Di mercato in mercato

Colori, odori, profumi, scoperte, ma anche accenti, questo offrono i mercati in ogni parte del mondo.
Ricordate Gilbert Bécaud? I più grandi probabilmente sì. Di questo cantante francese famosissimo negli anni 60/inizio 70 (Et maintenant, L'important c'est la rose e mille altre) esiste una canzone più francese delle altre, praticamente inesportabile, che dice molto bene quello che si prova andando incontro ad un paese o una regione immergendosi in un mercato rionale. Si intitola Les marchés de Provence (i mercati della Provenza) e racconta di come, dopo aver viaggiato tutta la notte sulla Nationale 7 che collega Parigi a Marsiglia (l'autostrada era ancora da venire) capiti di trovarsi un po' storditi in mezzo allo squillante vociare di un mercato provenzale.
La pescivendola vanta i suoi scorfani (indispensabili per fare la bouillabaisse), il verduriere l'aglio rosa (indispensabile per la salsa aiolì). A condire il tutto, oltre al profumo di timo e melone, pensa l'accento cantilenante del midì, il meridione francese.

Chiedete a Remy cosa ricorda del mercatino di Callian (Alta Provenza). Scommetto che vi parlerà delle fragole. Sono deliziose le "gariguette", piccole, oblunghe, col colletto bianco e la polpa appena rosata ma soprattutto vengono decantate con un accento che mette addosso un''incredibile allegria. Io intanto ero andata in cerca di miele di lavanda.

Chiedetegli dei mercatini di Normandia e scommetto che vi parlerà di un apicoltore che vendeva blocchetti di propoli pura ad un prezzo quasi ridicolo scusandosi che fosse così cara e ne vantava i benefici in caso di ustione. "Ti ricostruisce la pielle", diceva. Si, diceva proprio piau anziché peau, con la storpiatura dialettale un tempo tanto sfruttata dai comici francesi, così come quelli nostrani sfruttano ora come allora l'accento barese.
Io intanto stavo scegliendo un barattolo di miele...

Chiedetegli di raccontarvi di quella mattina nell'entroterra bretone. Di colpo la brezza si caricò di un odore indefinibile, alghe, metallo, muschio, sale, così intenso, così buono che chiedemmo spiegazioni ad un anziano passante. Col sorriso di chi sa al forestiero che non sa, ci disse "Al mercato è arrivata la marea". La marée, il pesce fresco! E noi di corsa verso il mercato, a riempirci le narici e i ricordi dell'odore del pesce quando ancora non sa "di pesce".

Chiedetegli del mercato di Djerba. Scommetto che si ricorderà del pizzicagnolo che voleva farsi pagare per lasciargli fotografare la torta di croccante (danni collaterali del turismo!) e dei ragazzi che l'hanno chiamato "Barbiche, l'homme riche" (Barbone il riccone) perché era in compagnia di due donne (con noi c'era Christel, che bionda e diafana com'è vale un bel po' di cammelli ;-)

Chiedetegli del mercato di Medenine (Sud della Tunisia) e vi parlerà di spezie a quintali e montagnole di pescetti secchi. Io, partita in cerca di miele, tornai con un caftano blu.

Chiedetegli del mercato di Annecy (la Venezia delle Alpi - Alta Savoia) e vi dirà che nella città vecchia e sui canali, soprattutto di domenica mattina, si incrociano contadini che sembrano usciti da stampe d'epoca (mani nodose scure come il legno, volti scolpiti con l'accetta, occhi più blu del cielo, berretto piatto di feltro in testa e gitane fra le labbra) scesi a valle in compagnia di deliziose formaggette di capra. Lì, di solito, mi procuro il prezioso miele di rododendro. Già che mi trovo, ricordo a chi farà le vacanze in Francia che i mercati rionali della domenica mattina sono una tradizione mentre troverete chiusi i supermercati.

Chiedete a Remy del mercato coperto de L'Ile Rousse in Corsica e probabilmente, anziché delle 21 colonne che ne fanno un bel monumento storico, secondo me vi illustrerà i "persistenti" effluvi del vulcanico formaggio corso stagionato. Delle 21 colonne ammetto di ricordare poco o nulla anch'io. Il miele "di macchia" e di corbezzolo li ricordo invece benissimo.

Chiedetegli di Cesenatico e non dubito che vi parlerà di una graziosa ragazza sarda che vendeva formaggio di fossa (da urlo) al mercato della cisterna. Lì sono rimasta a sorvegliarlo!

Chiedetegli del mercato contadino alle porte di Merida (Yucatan, Messico) dove ci portò una mattina Victor, la nostra guida, che aveva finito ... il miele. Scommetto che vi parlerà della Madonna di Guadalupe, la Vergine nera - tanto cara alle popolazioni caraibiche - dipinta sul muro del mercato coperto e del peperoncino venduto nei barattolini degli omogeneizzati. Il miele invece, ambrato e profumatissimo, veniva venduto nelle bottigliette della... Coca Cola. L'ho comprato lo stesso...
L'amico Luciano che ogni anno va nel Madagascar ad insegnare apicoltura mi racconta che là il miele viene ancora venduto nel favo, cera e covata compresa, adagiati su una foglia di banano. Per chi ha imparato ad estrarlo salvando la covata e recuperando anche la cera resta un problema difficile da risolvere: i contenitori. Nel Mad non esistono, se non a prezzi irraggiungibili, barattoli di vetro o di plastica. Qualsiasi bottiglia di plastica rappresenta un tesoro.
Chissà se un giorno riuscirò ad andare fin là, magari non solo per comprare... una calebasse (zucchetta essiccata) di miele da versare sui dolcetti di riso al vapore che vengono cotti (anch'essi in foglie di banano) e venduti per strada.

Chiedete a Remy del mercato di Stone Town (Zanzibar). Senza dubbio vi parlerà delle montagnole di banane. Banane di tutti i tipi, così buone che di ritorno in Europa non ne ha mangiate per mesi. Vi dirà anche di com'è stato difficile attraversare la zona del pesce continuando a sorridere... Ora non so ma dieci anni fa a Zanzibar, salvo nelle strutture turistiche, non esistevano sistemi di refrigerazione. Nel capannone della carne (principalmente caprina, appesa a ganci di metallo) non ho avuto il coraggio di entrare.
E, accidenti al mio naso sensibile, a quel punto mi sono dimenticata di andare in cerca di miele.

Chiedete a Remy del mercato coperto di Aosta, ai tempi in cui le contadine venivano a vendere chi due chili di porri di montagna (assolutamente bio - oltre una certa altitudine non servono antiparassitari visto che ... non ci sono parassiti!) chi tre chili di zucchine, chi 8 uova, chi un cesto di meline vizze, chi frutti di bosco, chi peperoncini all'altezza di un palato calabrese.
Vi dirà, scommetto, della mamma di Leo che al mercato andava a vendere amponi. No che non manca la L! Nel patois locale, il francoprovenzale, lamponi si dice ampùn e sul cartellino la mamma di Leo scriveva in bella calligrafia "amponi lire 300 all'etto".
Al mercato coperto di Aosta non incontrerete più le contadine. Qualcuna resiste ancora nei mercati rionali (Viale della pace, Viale Europa) dove troverete anche, ma solo da metà agosto, qualche barattolo di miele ;-)

Di mercato in mercato, buona estate a tutti !
Kat

ps: noi domani si punta a nord, nordissimamente nord e sole di mezzanotte.

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02 luglio 2008

Involtini doppia melanzana

Altra ricettina del fantasmagorico banchetto (pic-nic) con migliaia di invitati (5+ noi 2).
All'esterno, le melanzane di Nelly e melanzane anche per il ripieno.

Per una ventina di involtini:
3 melanzane lunghe medie +altre 2 di qualsiasi forma
3 cucchiai di yogurt greco
uno spicchio d'aglio (meglio se fresco)
mentuccia o basilico
olio evo
sale grosso

Tagliate a fette spesse, massimo un centimetro, (meglio se con una mandolina per averle tutte uguali) le melanzane lunghe mettendo da parte le falde esterne tutta buccia. Mettetele a spurgare in uno scolapasta con sale grosso quindi sciacquatele, asciugatele e procedete come nella ricetta di Nelly, senza bisogno di condirle. Intanto cubettate le altre melanzane e le falde esterne e dopo averle fatte spurgare a loro volta quindi ben sciacquate e asciugate, fatele saltare in padella con lo spicchio d'aglio e olio evo. Se necessario, aggiungete qualche cucchiaio d'acqua per portarle a cottura senza farle colorare troppo. Tritate la mentuccia (o il basilico) quindi mixate le melanzane a cubetti con lo yogurt, la mentuccia e, a piacere un po' di peperoncino. Non dovrebbe essere necessario salare. Farcite ogni fetta di melanzana con un paio di cucchiai di crema, arrotolate, lucidatele con un po' d'olio d'oliva quindi riponete in frigo sotto un film alimentare in modo che non si secchino. Servite non troppo freddo.
Kat e Remy

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01 luglio 2008

Filoncini croccanti alle olive


A gentile richiesta, iniziamo da questo "ne pane ne grissini" la carrellata di ricette non linkate nel pic nic di matrimonio.

L'impasto :
200 g di farina tipo Manitoba
400 g di farina tipo "0"
300 g di acqua
60 g di olio evo
12 g di lievito di birra fresco (1/2 cubetto)
10 g di sale

Noi usiamo una impastatrice (regalo di matrimonio che ci siamo fatti con qualche settimana di anticipo) che lasciamo lavorare una decina di minuti se non di più.
Abbiamo lasciato lievitare fino al raddoppio (un paio d'ore).
Infarinato un piano di lavoro con farina di semola di grano duro rimacinata (è impostante che sia proprio semola di grano duro), vi abbiamo steso la pasta lavorandola un minuto per "sgasarla" l'abbiamo poi tirata con un mattarello fino allo spessore di un centimetro. La "sfoglia" non dovrebbe superare i 20 centimetri di larghezza.
Abbiamo sparso le olive (una tazza da té, spezzettate) su tutta la superficie e ripiegato come se fosse un foglio A4 da infilare in una busta lunga. Ruotato di 90° abbiamo ripetuto l'operazione.
Ripreso il mattarello abbiamo ricreato una mattonella di 2 cm di altezza, 15 cm di larghezza e lunga quanto viene.
Tagliato dei bastoncini di 2 cm di larghezza li abbiamo tirati con le mani sino a raggiungere la larghezza della teglia. (Bisogna partire dal centro facendo scivolare la mani mentre si tira e si fa ruotare la pasta :-)


Arrivati a metà della mattonella, abbiamo ripreso il mattarello e riabbassata a 1 cm per farli più grissinosi, sottili e croccanti.
Infarinati abbondantemente (mi raccomando, sempre con semola di frano duro) li abbiamo fatti riposare per un'oretta, abbiamo infornato a 240° abbassando a 210° dopo 6 minuti (5 va bene uguale ma siamo fissati con i multipli di 3).
I primi (più grossi) hanno soggiornato in forno per 30 minuti (in totale), i secondi per 24.
Se li volete morbidi come pane accorciate i tempi.
Nonostante l'odore che esce dal forno, provate a lasciarli raffreddare prima di assaggiarli.

Ultima raccomandazione, scegliere buone olive nere non troppo forti (quelle di Riviera possibilmente). Avevamo ancora una busta di taggiasche comprate al mercatino dei produttori e valeva la pena sacrificarle. Saranno anche noiose da snocciolare ma la delicatezza del sapore è ineguagliabile.
Kat e Remy

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