20 febbraio 2014

E' andata bene: Pane "inglese" number 2

Tre giorni dopo il primo esperimento di panificazione con pasta acida, ho usato lo starter che aspettava in frigo. Vi racconto? Vi racconto. Magari al mondo esiste ancora  qualche sourdough dummy della mia specie e gli può esser d'aiuto. Prima ho studiato un po' per quanto riguarda i tempi e i metodi, poi ho cercato di ricreare le dosi che uso di solito, 650ml di acqua per un chilo circa di farina.

Il barattolo ha una capienza da un litro e malgrado il freddo del frigo, il blob arrivava fino a metà.
La sera prima di impastare il pane ho preparato il nuovo starter mettendo nell'impastrice:
- 250 g di blob
- 500 g d'acqua tiepida (meglio se filtrata per eliminare calcio e cloro)
- 400 g di farina (350 di Farro semintegrale + 50 g di Segale bianca)
e un cucchiaino di miele. Niente sale, mi raccomando. E, questa volta niente lievito.
Ho impastato un attimo con la foglia e lasciato riposare fino all'indomani nell'impastratrice chiusa dal coperchio paraschizzi.

Al poco blob rimasto nel barattolo  ho invece aggiunto subito 125 g di farina (100 di farro e 25 di segale), 125 d'acqua e un cucchiaino di miele. Ho rimestato bene il tutto, coperto di nuovo con la teletta e via in frigo per la prossima volta.

La mattina dopo, il blob che aveva passato la notte nell'impastatrice era bello attivo e pronto a fare del suo meglio.  Ho aggiunto, setacciandoli :
- 500 g di farina (350 di farro semintegrale e 150 di segale bianca)
-   20 g  di sale (o più, secondo le vostre abitudini ma questo pane è molto sapido di suo)

Dopo qualche giro con la foglia, ho messo il gancio e impastato 10 minuti.
A chi dovesse o volesse proprio impastare a mano, consiglierei una ciotola larga e mani e braccia unte d'olio.
Così come consiglierei, in questa stagione, di far lievitare l'impasto nel forno spento ma con la luce accesa ad assicurare un tepore costante. E di non dimenticare di coprire la ciotola con la solita teletta bagnata. A che serve? Impedisce che, seccando, si formi una crosta in superficie. 

Dopo due ore o poco più, l'impasto aveva raggiungo il bordo della ciotola dell'impastatrice.
L'ho versato sulla spianatoia molto infarinata, l'ho sgonfiato e gli ho dato le consuete pieghe.
Le consuete pieghe? Immaginate che l'impasto appiattito dalle vostre mani sia una federa. Piegate i due lati verso il centro e ricominciate nell'altro senso, due o tre volte. E intanto sentite che prende forza.
Pur avendo usato farine non molto forti, non ricordo di aver mai avuto tra le mani un impasto così vivo e reattivo. L'ho diviso in tre parti che ho arrotolato a filoni. Li ho  adagiati sulla più grande delle mie placche coperta con carta forno  e ... ho commesso un piccolo errore. Li vedete i bitorzoli sulla crosta?  Colpa della teletta di protezione che, seppur bagnata, si è incollata in superficie. E mi è ancora andata bene perché l'impasto, pur malamente stiracchiato al momento di infornarlo, non si è afflosciato. Di solito gli prende un colpo e sviene e, pur rigonfiandosi un po' in cottura, rimane più denso.
Con questo tipo di impasto temo che l'unica copertura possibile sia un abbondante spolverata di farina e un gran foglio di carta forno.  Così conciato, l'impasto torna in oretta nel forno spento sempre  intiepidito dalla lampadina accesa.
Poi, quando il volume è raddoppiato,  viene sfrattato, senza sbatacchiare la teglia e evitando correnti d'aria, perché è ora di accendere il forno.
Quando raggiunge i 250 °,  si scopre e si inforna. 10 minuti a 250 gradi poi altri 45 a 200°, coprendo con carta forno se dovesse scurirsi troppo.
Se l'impasto è cresciuto molto e i filoni si sono incollati fra loro, dopo una ventina di minuti converrà separarli perché la cottura sia più uniforme. Tanto per non arrostirvi, verificate che in quel momento le salamandre del forno non siano rosse. Minuto più, minuto meno...
Al termine si controlla la cottura con il consueto toc toc con una nocca sotto una delle pagnotte, che dovrà suonare cava, e si sforna.
Direzione la griglia di raffreddamento. Se la crosta vi sembra molto dura, si può coprire il pane con una teletta pulita, asciutta in questo caso ma sempre rigorosamente priva di profumi di detersivi o affini. A meno che non vi piaccia il pane che sa di fiori sintetici.
Il risultato è senz'altro migliorabile ma, al momento, ho riscontrato un unico serio difetto. E' così buono che ne abbiamo mangiato il doppio.
Piaciuto. Troppo.
Kat        

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16 febbraio 2014

Una pagnotta "inglese"

anzi, tre che sono anche il nostro primo esperimento riuscito di panificazione con pasta acida. Inglese perché trovata in una delle mie riviste preferite, l'edizione british di Country living. Bella anche quella U.S. ma ancora più cara :-(

Pur facendo il pane una o due volte la settimana da diversi anni, fin'ora non avevamo mai "affrontato" la pasta acida fresca. Solo quella in polvere, mescolata,  a piccole dosi, a farina, acqua e lievito di birra. 
Sia io che Remy siamo persone ansiose, a tratti moooolto ansiose, cosa che fin'ora non ci aveva consentito di convivere con un "lievito" che può morire se te lo dimentichi in frigo senza dargli da mangiare.
Un paio di amici ci hanno mandato, a suo tempo, parte delle loro preziose paste madri.  Non essere riusciti a farle sopravvivere ci ha fatti stare così male che avevamo deciso di metterci una pietra sopra, finché non mi è capitato di incappare in una ricetta che mi ha fatto rinascere la voglia di provarci. Lo starter prevede l'uso di lievito di birra come nel metodo del poolish ma va lasciato maturare più delle12 ore consuete assumendo così aromi più simili a quelli della pasta acida.
Il  metodo è facile, poco ansiogeno e il risultato così buono che ve lo racconto.

Io uso farina di Farro semintegrale ma immagino che una farina T80 (Grano, semintegrale senza crusca apparente) possa dare risultati altrettanto buoni. In compenso, non rinuncerei alla piccola percentuale di farina di Segale setacciata perché il sapore merita davvero ed è così poca da non rendere la lievitazione  più lenta o difficoltosa.
Per lo starter servono :
- 12 g (mezzo cubetto) di lievito di birra fresco o un cucchiaino di lievito di birra disidratato
- 300 ml d'acqua a temperatura del corpo, meglio se filtrata per togliere cloro e calcare
- 200 g di farina di Farro semintegrale  
- 50 g di farina di segale bianca (setacciata, senza crusca apparente)
Di testa mia ho aggiunto un cucchiaino di miele, mi perdonino le api e l'autore della ricetta. 
In compenso, niente sale, per carità !

Il lievito va sciolto nell'acqua e lasciato riposare 5-10 minuti.
Intanto si possono setacciare le farine così da mescolarle e ossigenarle anche un po'.
Quando il lievito inizia a fare le bolle si mescola con le farine in una ciotola in grado di contenere tre volte il volume iniziale. Si copre con un telo bagnato (che non odori di detersivo) e si lascia riposare a temperatura ambiente per un minimo di 24 ore e un massimo di tre giorni, magari ricordandosi di mescolarlo dolcemente un paio di volte al giorno.  Se non fa le  bolle e non sviluppa un piacevole odore di lievito, qualcosa è andato storto e s'ha da buttare e ricominciare da capo. Ma vedrete che andrà bene. Se è andata bene a noi... Ah, noi l'abbiamo usato dopo 32 ore (iniziando a fine pomeriggio, è pronto al mattino del secondo giorno).

Per l'impasto :
- 5 g (si 5g, solo 5) di lievito di birra fresco o la punta di un cucchiaino se secco
- 200 g d'acqua filtrata tiepida
- 75 g di farina di Segale bianca
- 350 g di farina di Farro semintegrale
- un cucchiaino e mezzo di sale fino

Fate sciogliere il lievito nell'acqua e lasciatelo riposare i soliti 10 minuti perché si svegli e inizi a fare le bolle. Intanto mescolate le farine e il sale. Versatevi 250 g dello starter e il lievito sciolto nell'acqua. Impastate bene. 10 minuti con l'impastatrice, una ventina se a mano quindi lasciate gonfiare un paio d'ore sotto il solito telo bagnato.  Trascorso questo tempo l'impasto dovrà essere almeno raddoppiato. Ora versatelo su una spianatoia abbondantemente infarinata, sgonfiatelo e ripiegatelo più volte su se stesso poi lasciatelo riposare una decina di minuti prima di metterlo in forma. Io ho optato per tre filoncini perché preferisco il pane ben cotto con poca mollica ma potete anche fare un unica pagnotta della forma che più vi aggrada.   
Ora serve un'altra ora perché ricresca.  Poi 40-45 minuti di cottura: 10 minuti a 250 gradi e i restanti a 200.   Per verificare che sia cotto fate il test consueto, battendo con la nocca sotto il pane, deve suonare cavo.  Mettetelo a raffreddare su una griglia. Gustatelo.

E lo starter rimasto?  Ecco, qui inizia la parte che devo ancora sperimentare. Obbedendo alla ricetta di Country living, ho aggiunto 100 g di farina di Farro semintegrale, 25 di farina di Segale bianca e 125 g d'acqua, ho mescolato bene, versato in un barattolo di vetro da litro che ho chiuso con una teletta bagnata e un elastico prima di riporlo in frigo. Prima del prossimo impasto dovrò studiare quanto tempo prima bisogna tirarlo fuori dal frigo, ecc., ecc.  Nel frattempo evito di pensarci. Ve l'ho detto,no, che sono un tipo ansioso ?
Ma questa volta andrà bene. Farò in modo che vada bene. A presto.
Kat     

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10 febbraio 2014

Ciao Marius...

...emblema della sconfinata stupidità umana.

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08 febbraio 2014

Amore per sempre

Che, mi si perdoni, anche se il periodo si presterebbe, non è un dolcetto sfizioso per San Valentino ma una torta di mele, che appena ha raggiunto le mie papille si è insediata anche nel mio cuore. Perché, malgrado ingredienti rigorosamente vegani, assomiglia alle torte di mele delle nonna, quelle che più casalinghe non si può, semplici semplici, buone buone.

 Per 6- 8 porzioni (in questo caso una teglia da 22x22) ho usato:
- 210 g di farina di farro semintegrale
- 120 g di zucchero scuro (Dulcita del commercio equosolidale)
- un pizzicone di sale
- 1 cucchiaino raso di bicarbonato (non aumentate la dose, è inutile e darebbe un cattivo sapore)  
- 240 ml di latte di soja
- un cucchiaio di aceto di mele (o altrettanto succo di limone)
- 60 ml d'olio e.v.o., se piace sennò di riso (o altro olio di semi dal sapore neutro)
- 2 cucchiai di "burro" di mandorle*
- un cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
- 5-6 gocce di essenza di mandorle amare o, versione estiva, buccia di limone non trattato e zenzero fresco, grattugiati
- una grossa mela

* se non lo trovate o il prezzo vi sembra proibitivo ( in Italia lo è) mettete altri 20 ml d'olio.

 
Dopo aver acceso il forno regolandolo su 180°, il primo passo consiste nel versare l'aceto di mele  o il limone  nel latte di soja e dargli qualche minuto per rapprendersi. Intendiamoci, rimarrà liquido, la consistenza diventa solo un po' più cremosa.
Se preferite non frequentare la soja ma andate d'accordo con lo yogurt di latte vaccino, penso si possa sostituire questo latte cagliato con altrettanto yogurt molto liquido o allungato con un terzo d'acqua. 
Intanto si mescolano, anzi meglio, si setacciano insieme in una terrina la farina, il sale e il bicarbonato. Quindi si aggiunge lo zucchero e si da ancora una bella rimescolata.
Ora si aggiungono gli ingredienti liquidi (latte cagliato, olio, burro di mandorle e aromi) e si mescola il tutto. Quando è ben amalgamato, resta solo da sbucciare la mela, tagliarla a dadini e infilarli nell'impasto.  Lo si versa nella tortiera, magari foderata di carta forno e si cuoce a 180° per 35-40 minuti.  Una volta fatta la classica prova stecchino, si sforna, si lascia riposare qualche minuto nella teglia quindi si trasferisce su una griglia a raffreddarsi. 

Per San Valentino (ma ogni occasione è buona per sfornare dolci e sbocconcellarli con la persona del cuore) immagino che faremo una variante golosa della Nuvola al cacao. Ho aggiornato la ricetta e devo dire che le varianti meritano.
Ciomp !
Kat

P.S.: se volete sperimentare sul fronte vegano, la proporzione 200 g di farina, 80 g di grassi e 200 ml di liquidi è una base di partenza abbastanza affidabile. 

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