26 dicembre 2014

"Vol-au-vent" garantiti antivento

Ecco a voi, fotografato appena prima di infornarlo,  il mio ultimo esperimento. Dato il peso specifico della polenta, immagino che ci voglia una bufera epocale  per far volare questi " Vol-au-vent".
In compenso ci sono piaciuti parecchio quindi ve li racconto e ve li racconto oggi, nell'ambito del
 I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living
perché, avendo cura di usare ingredienti certificati, saranno privi di glutine, oltre che 100% vegetali.

Per la polenta ho usato le dosi che impiego di solito, ben sapendo che ne sarebbe venuta parecchia ma con l'intenzione di metterne un bel po' in congelatore.
Ho versato a pioggia
- 600 g di Farina di Mais
in
-2,5 lt d'acqua vicina all'ebollizione.
Ho frustato a dovere e aggiunto un po' di sale. Siccome così richiedeva la confezione (Mulino Marino), l'ho fatta cuocere 90 minuti, coperta, girando solo ogni tanto.
La preparazione va anticipata sia per i tempi di cottura della polenta che per i successivi tempi di raffreddamento.
Una volta ben cotta, ho assaggiato la polenta, ho aggiunto sale, l'ho condita con olio e.v.o e l'ho lasciata riposare il tempo di ungere a dovere, con un pennello e molto olio, i barattoli che avevo scelto come contenitori.
In realtà, l'unica parte realmente sperimentale stava proprio nell'uso di quei barattoli per mettere in forma la polenta. E' fondamentale che siano assolutamente dritti. Basta un minimo cicciolo in fondo e non c'è più modo di sformare i tubi di polenta. Magari voi a casa avete cose più professionali, più comode, insomma... più. Io avevo questi barattoli, li ho provati e, con parecchio olio, una forchetta, un pelino di pazienza e di delicatezza, ho ottenuto quello che volevo.

Mi piaceva l'idea di "tubetti" belli alti quindi ho riempito parecchio i vasetti. Col senno di poi e l'aiuto delle foto, mi sono accorta che avrei dovuto mescolare un po' la polenta per togliere le bolle d'aria e ottenere bordi più regolari. Chissà se la prossima volta riesco a ricordarlemo...
Qui lo scrivo, poi si vedrà.
A quel punto servivano un paio d'ore per far freddare bene il tutto e poter procedere agli scavi  ma... Oggi, venticello a parte, faceva troppo bello per stare a casa. Oltre a tutto domani annunciano neve. Intanto però la luce (per le foto) non avrebbe aspettato i miei comodi e il nostro rientro dalla passeggiata..
Così ho messo in funzione l'abbattitore casalingo: pentola d'acqua molto fredda, barattoli a bagno fino al collo e cambio dell'acqua quando intiepidiva.
Dopo una mezz'ora erano a posto sia la temperatura che la consistenza. Mi è venuta l'ansia ma ho piantato la mia forchetta nel centro del primo barattolo, fatto ruotare la polenta nel vasetto (e non la forchetta nella polenta sennò va tutto in malora) in modo che entrasse un po' d'aria tra polenta e vaso e, scuotendo dolcemente ma decisamente i vasetti a testa in giù, ho sformato i miei tubetti.
Ho tranciato via la testa (coricandoli sul fianco soffrono meno) e ho scavato lasciando intatto un buon centimetro di fondo.
Mentre ammirate i miei prodigiosi scavi, portati a termine con un normalissimissimo cucchiaino, vi racconto il ripieno.

Per accompagnare la polenta, la scelta è ampia, anche sul fronte 100% vegetale.
La prossima volta voglio provare una dadolata di zucca al curry con passatina di ceci, oppure un ragù di fagioli neri, o un misto broccoli e nocciole o... qualcos'altro verrà sicuramente in mente.
Oggi mi andava di richiamare i dadini in salsa cremosa dei più classici Vol-au-vent.
Così ho buttato in pentola in olio e.v.o. una dadolata di
- Cipolla rossa
- Sedano rapa
- Tofu affumicato
Di solito lascio la verdura al dente, in questo caso ho optato per una consistenza davvero fondente. Il tofu affumicato, che è sempre molto sodo, rimane sodo anche a fine cottura.
Ho aggiustato di sale e prelevato un terzo del futuro ripieno per farne una crema col minipimer.
Proprio per via della consistenza del tofu bisogna insistere un po' aggiungendo qualche cucchiaio d'acqua o di latte o panna vegetale. Una parte della crema ottenuta è stata mescolata alla dadolata, l'altra tenuta da parte per aggiungerla al momento di servire, cioè dopo una ventina di minuti in forno.
Qui trovate un aggiornamento a proposito del congelamento e scongelamento di questa pietanza.

Concludo con un caro saluto allo Chef dell' Agriturismo Acquadolce  di Mondovì che ovviamente propone questi Vol au vent con un ripieno a base di trota affumicata (la loro, indimenticabile) e un fumetto di gamberi, ma a volte, si stufa un po' della polenta concia che gli tocca preparare con gli scavi per i "family meal".

Prova con i broccoli, Chef ;-)
Kat

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23 dicembre 2014

Auguri!

Gli Scribacchini

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22 dicembre 2014

Ananas in padella

Che serve una padella lo dice già il titolo. Meglio bella grande col fondo spesso ma non necessariamente antiaderente.
Gli altri ingredienti sono :
- Ananas fresco tagliato a fette molto sottili
- Sciroppo d'agave
- Rum o Maraschino o altro liquore di vostra scelta o nessun liquore se a tavola ci sono bambini
- Margarina 100% vegetale (io, Rapunzel) o Burro se non siete vegani

Le fette di ananas, liberate con cura della buccia e divise a quarti si mettono a marinare in un recipiente con sciroppo d'agave e liquore e, pochi minuti prima di servire il dessert, si fanno semplicemente dorare in padella con poca margarina aggiungendo la marinata alla fine.
Attenzione a possibili fiammate quando si versa il liquore e a sorvegliare la cottura per fermare in tempo la doratura. Prevedete di dover fare due o tre spadellate successive se siete più di 4.
Prevedete anche un'ora o più a marinare ma se proprio vi dimenticate verrà piuttosto buono lo stesso.
Le dosi? Dipende dal numero di commensali ma soprattutto dai vostri gusti. Noi abbiamo usato poco sciroppo e pochissima margarina e non ne abbiamo aggiunto per deglassare la padella.
Questo dessert d'emergenza da servire tiepido  va molto d'accordo col pandoro (magari lievemente tostato, magari tagliato a dadini e servito a mò di crostini), col gelato (al cocco se volete strafare sul fronte esotico) o, suggerisce Remy, con una crema inglese. Io attraverso una fase molto sobria e me lo mangio da solo, ecco.
Più sobrie ancora le mele in padella ma il periodo festivo mi consente appena di citarle ;-)
Piaciuto!
Kat

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19 dicembre 2014

Prove tecniche e riflessioni sul Panettone Gastronomico

Dolce o salato che sia, classico o vegano, sfornare un panettone è sempre una bella sfida.
Prima vi indirizzo all'amica Teresa/Gennarino, appassionatissima esperta in materia, poi vi racconto il mio ultimo pasticcio. Per  fare coraggio a Giulia, così vede che anche a me tocca fare qualche prova prima di ottenere quello che voglio, ma anche per evitarvi qualche trabocchetto.

Il primo, che mi sembra il più rischioso, si evita ponendosi qualche domanda.  L'idea di un panettone gastronomico è  molto stuzzicante  ma... quando avete intenzione di portarlo in tavola?
Per la vigilia  è una gran soluzione, magari in versione vegana se a casa vostra in quell'occasione si cena ancora "di magro".  Accompagnato da una  bella insalata invernale e da una tazza di brodo, lo vedo benissimo. Probabilmente farò così anch'io.
Per un apericena o un brunch? Ottima idea. E' buono, simpatico e informale e, come tutte le cose che richiedono una preparazione anticipata, è anche comodo. 
In compenso, come antipasto di un pranzo di Natale mi convince decisamente meno. Perché?
- C'è per caso un Panettone  anche come dolce a fine pasto?
- Siete sicuri che iniziare un pasto ricco con un festival di tramezzini  sia ragionevole?
- Quando arriva in tavola, il panettone gastronomico fa la sua porca figura ma, smontato, cos'è se non, appunto, una montagna di tramezzini, oltre a tutto difficile da servire in modo decoroso?

Non avendo altri argomenti a sfavore, passo la parola alla difesa con una soluzione per mettere in forma un panettone, dolce o salato, classico o vegano che sia, senza "forma da panettone".
Si tratta semplicemente di alzare i bordi di una pentola o di una forma apribile da torta con carta forno. Niente di che, ma ci sono due o tre scogli.

1 - Le dimensioni della forma. Per un impasto di 500 g di farina, servirà un diametro di 18, massimo 20 cm.  In un contenitore più grande, il panettone verrà basso e non è quello che vogliamo.
Il mio esperimento sarà anche venuto sbilenco ma l'altezza era quella sperata.
2 - L'altezza  del bordo di carta. Sempre con quel volume di impasto e una forma di quel diametro, servono almeno 15 cm di rialzo. Questo tipo di impasto cresce molto.
Appunto! E questo è il terzo fondamentale aspetto da tenere a mente: all'impasto non importa nulla di quello che vogliamo noi, lui cresce e basta, e cresce con forza,  anche in larghezza se non adeguatamente contenuto.
E qui ho sbagliato. Uno spessore solo di carta forno non basta. Non può bastare.

La prossima volta ne metto tre, sì tre. Anche se dovrò moltiplicare per tre l'esercizio di pazienza e geometria.  E farò due punti anche nel mezzo. Sì, sì, con ago e filo, che mi sembra il modo più pulito ed efficace per tenere unito e bello dritto un tubo di carta forno. Va detto però che ho trascorso un bel po' di anni in collegio  dalle suore. Voi  potreste avere soluzione diverse da proporre. Sono tutta orecchie.
Ecco, sì, ho sentito, avete ragione, ormai le forme di carta per il panettone si trovano quasi ovunque.
Quasi, appunto.

Povero il mio primo esperimento! Sbilenco è sbilenco, non c'è che dire. Buonissimo però, anche con le mie farine di farro al posto del frumento della ricetta originale. 
La ricetta originale è quella del numero di Dicembre 2014 di Cucina Naturale che proprio in apertura propone il Panettone gastronomico vegano di una lettrice.
La sua ricetta non è solo ottima, è anche bella circostanziata. L'autrice, Stefania Pilotti di Monza, dedica un intera pagina alle farciture. Farcia di radicchio e uvetta, ai funghi, con scarola e noci, varie creme al tofu, un gran festival di sapori. Vale la pena procurarsi la rivista. Aggiornamento del 22.12: Ops, valeva la pena perché ormai in edicola c'è già il numero di Gennaio :-(  Se non trovate in rete ricette che vi ispirino, fate un fischio, qualcosa ci inventeremo
Io intanto vado a sperimentare qualcos'altro e se viene buono vi racconto.
Sì, sì, anche se viene sbilenco. Anzi, soprattutto se viene sbilenco.
Kat

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17 dicembre 2014

Pan carré con farina di segale

Quanto lavora il forno in questi giorni ! Tempo di prove in vista delle feste.
Proprio per i menù delle feste, volevo un pan carré più scuro e un pelino più nordico di quello pubblicato di recente, così ho provato ad aggiungere farina di segale. La adoro ma chiunque la usi in panificazione sa che ha un carattere difficile. Siccome sono soddisfatta del risultato ottenuto con le dosi sperimentate, ve lo racconto e siccome vi voglio bene, riporto qui il procedimento completo.  

Per una forma grande (da pane tedesco, per intenderci) o due medie ho usato :
- 900 g di farina (io 400 di Farro forte, 300 di Segale bianca e 200 di Kamut integrale *)
- 12-15 g di sale secondo i vostri gusti
- una bustina di lievito di birra in granuli o, meglio ancora, un busta di Lievito per pane con pasta madre essiccata (Paneangeli, per intenderci)
- 600 ml di latte di soja
- un cucchiaio di aceto di mele
- 1 cucchiaio di zucchero scuro
- 100 ml d'olio e.v.o.

* La farina di Farro forte è difficile da trovare. Se non avete problemi col grano usate Manitoba.
Per farina di segale "bianca" si intende quella setacciata, l'equivalente di una farina 0.

Sarà ovviamente più comodo usare l'impastatrice ma questo impasto non è difficile da manipolare, anzi, potrebbe risultare un po' denso.
Si inizia preparando il "latticello". Al  latte di soja si aggiunge l'aceto, si mescola  e gli si da il tempo di rapprendersi.
Si mescolano con cura le farine, il sale, lo zucchero e la bustina di lievito, si aggiunge il latticello e si inizia a impastare. Per finire, si unisce a poco a poco l'olio. Se il tutto fosse davvero asciutto conviene aggiungere latte di soja, meglio se tiepido, un cucchiaio alla volta. Si lavora 10 minuti con l'impastratrice, i soliti 20 a mano.
Lasciate lievitare al caldo (per esempio nel forno spento ma con la lucina accesa), coperto con la consueta teletta umida, finché l'impasto non raddoppia (2 o 3 ore secondo la farina usata) quindi versatelo sulla spianatoia, sgonfiatelo e dategli qualche piega prima di metterlo nella forma foderata di carta forno. Lasciate nuovamente che raddoppi, sempre coperto con la  teletta umida e sempre al caldo  lontano da correnti d'aria. Indicativamente, ci vorrà un'altra ora.
Infornate a 250° abbassando subito la temperatura a 200. E' probabile che dopo una decina di minuti  dobbiate già coprirlo con carta forno per evitare che scurisca troppo. I tempi di cottura sono quelli di un pane normale, più lunghi di quelli di un pan brioche. Dopo 50 minuti converrà tirare fuori il pane dal forno e dalla forma (la carta forno serve anche a rendere più facile questo passaggio) e dare il classico colpetto con le nocche per sentire se è cotto. Nel dubbio, cuocetelo ancora una decina di minuti, senza la forma ma sempre coperto con carta forno.
Va poi coricato su una griglia e lasciato raffreddare fino all'indomani.

In congelatore, debitamente sigillato negli appositi sacchetti, si comporta molto bene, diciamo per un paio di mesi, meglio se già affettato in modo da poterlo semplicemente infilare nel tostapane oppure, quando ne serve parecchio, su una placca  sotto il grill del forno. In tal caso, attenzione, scurisce molto in fretta.
Piaciuto!
Kat

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15 dicembre 2014

Macaron al Cioccolato 100% vegetali feat. Pixies' dust

Il "biscotto" usato per la Wolfigana definitiva  mi ricordava davvero molto i macaron al cioccolato, quelli della mia infanzia, quando erano ancora semplici sinonimi degli Amaretti e non avevano invaso le vetrine delle pasticcerie di mezzo mondo con colori tanto affascinanti quanto improbabili. Un po' per nostalgia e più ancora per curiosità,  ho provato a elaborare in quel senso il nuovo impasto a base di Polverina Fatata.
Il risultato ha superato le mie aspettative quindi ve lo racconto.

Per 32 Macaron"di una volta" :
- 15 g di Polverina Fatata
- 125 ml d'acqua
- 150 g di Mandorle macinate*
- 20 g di Fecola di Mais
- un cucchiaino di Lievito per torte (io la solita miscela casalinga)
- 100 g di Zucchero a velo (fatto in casa con zucchero di canna)
- un pizzico di sale
- 100 g di Cioccolato fondente al 70%
- un cucchiaino di aroma naturale di Mandorla Amara

* Volendo prima tostarle per esaltarne il sapore, occorre lasciarle raffreddare completamente prima di macinarle.

Come sempre quando si usano semini mucillaginosi, tutto inizia mettendoli a bagno e dandogli il tempo di rilasciare la gelatina che li rende preziosi per sostituire le uova.
Ho mixato l'acqua (125 ml) e la polverina fatata (15 g) per un paio di minuti nel bullet e lasciato riposare una mezz'ora e  mi sono trovata bene.
Nel frattempo ho macinato a velo lo zucchero (quello del commercio è costoso ma soprattutto  contiene glutine) quindi l'ho lasciato nel macinino (la sua presenza evita che la frutta secca faccia l'olio)  e ho aggiunto le mandorle mixando finemente il tutto.
Ho fatto fondere e lasciato intiepidire il cioccolato.
A quel punto ho acceso il forno su 180°.
Ho mescolato la farina di mandorle, lo zucchero a velo, la fecola di mais, il lievito  e il pizzico di sale in una ciotola. Ho aggiunto "l'uovo fatato" (la gelatina grigetta della foto appena sopra)   e amalgamato il tutto prima di incorporare il cioccolato e l'estratto di mandorla amara.

A quel punto tocca armarsi di pazienza  e di due cucchiaini per  suddividere l'impasto in mucchietti regolari su due placche coperte di carta forno. Meglio distanziarli perché un po' si siedono. Meno  degli impasti a base di albume montato a neve ma pur sempre un po'.
Li ho poi cotti nel forno ventilato per 25 minuti ma, se vi piacciono morbidi, sono troppi.
Meglio sfornarli dopo 20 minuti, prima che abbiano il culetto abbronzato.

Formati più grandi, modellati per esempio col cucchiaio anziché col cucchiaino, avranno bisogno di 30 minuti di cottura. Grandi o piccoli, all'uscita dal forno saranno morbidi e fragili.
Vanno lasciati tranquilli sulla placca di cottura  per qualche minuto prima di trasferirli a raffreddarsi  su una griglia.
Volendo farne Macaron "dei giorni nostri", per coerenza suggerisco di usare  la ganache 100% vegetale per unirli due a due.
Se non spariscono nel giro di poche ore, vanno messi al riparo dall'umidità, per esempio nella classica scatola di latta.
Piaciuti molto. Anche senza ganache.
Kat 

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14 dicembre 2014

Ganache 100% vegetale

All'ombra della sin troppo presente Wolfigana, la "nostra" povera ganache manifestava problemi di identità, così le abbiamo riservato una cameretta tutta per lei. Così viene anche più facile linkarla e rintracciarla.

Le proporzioni sono identiche a quelle della Ganache tradizionale, metà panna, metà cioccolato fondente.  Si mettono in una pentola a fondo spesso :
- 200 ml di Panna di Soia (io la Sojade che dichiara il 17% di grassi)
- 200 g di Cioccolato Fondente (di copertura al 52% o quello che preferite ma non oltre il 70 %).
O la metà, o il doppio, secondo l'uso previsto ma sempre in proporzione 50 e 50.

Si fa fondere il tutto su fiamma bassa e appena ben amalgamato si spegne e si versa in una terrina dai bordi alti e si lascia raffreddare.
Ora basta accendere le fruste elettriche e sbattere sbattere sbattere e sbattere ancora. Come per la versione tradizionale, a volte ci vanno 4 o 5 minuti, a volte persino un po' di più quindi conviene verificare che il motore non scaldi per evitare di fonderlo.
La ganache è ganache quando, da lucida e densa, la massa diventa chiara e spumosa e fa le creste.

Una volta pronta trasferitela in un contenitore coperto, meglio se di vetro, meglio se ermetico e tenetela in frigo. Non andrei oltre i due giorni.

Se vi piacciono le Torte farcite, è perfetta e facile da spalmare. In compenso, per "stuccare" una torta è un po' rognosa. Per quell'uso, direi di evitare semplicemente di montarla e di usare il cioccolato sciolto nella panna così com'è. Voi però, farete sicuramente di meglio ;-)
Però mi sono divertita.
Kat

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Pixies' dust, la Polverina Fatata

Merita una cameretta tutta sua dove trovarla facilmente anche la Polverina Fatata recentemente sperimentata e adottata.
In questa scheda, che servirà per tutti i link futuri, aggiungo una doverosa premessa: i semini mucillaginosi "aumentano la massa" cioè sono potenzialmente lassativi. Tenetene conto se avete le budelle molto sensibili. A me, che ho budelle ipersensibili, se ben macinati, non danno problemi.

Ascoltate sempre la vostra pancia. La mamma magari no, ma la pancia sempre.

La formula della Pixies' dust, ovvero Polverina Fatata è molto semplice. Servono :
- 4 parti di semi di Lino      per esempio 60 g   ( in centro nella foto)
- 2 parti di semi di Chia      per esempio 30 g   ( a destra nella foto)
- 1 parte di semi di Psillio*   per esempio 15 g ( a sinistra nella foto)

* Reperibile in erboristeria, a volte anche già macinato. In semi, l'ho pagato 3,10 euro l'etto.

Con la formula proposta si ottiene circa un bicchiere di polverina. Per iniziare non ne farei di più. I semi di lino, una volta macinati, irrancidiscono ancora più in fretta del solito.
Si macina il tutto fine fine, idealmente col Bimby o bestioni di quella cilindrata, qualcuno addirittura con la lama della macchina per fare il latte vegetale, ma andrà bene anche un semplice macinacaffé. Basta che la polverina venga fine. Si mette in un barattolo ben chiuso che si tiene in frigo e ... si sperimenta.

Si mormora che, dosata giudiziosamente, consenta di fare a meno delle gomme (Guar e/o Xantana) nei prodotti da forno senza glutine. L'ho trovata nel blog di Makanai che l'ha trovata da Gluten-free Doctor. Flo-Makanai sta ancora sperimentando anche lei. Sì perché è facile metterne troppa e ritrovarsi con crèpes, pagnotte e torte gommose. Lei ne usa 60 g per ogni pagnotta. Qui la sua ricetta
per due pagnotte di farina di Riso e Saraceno.  Citando la sua fonte dice che 10 g di miscela  equivalgono a un cucchiaino da café di gomma Xantana.
Riferisco ma non ho esperienza in materia. 
Io fin'ora l'ho usata solo in pasticceria.  Man mano che provo e adotto vi racconto e aggiungo qualche link a questo post. Anche ai vostri esperimenti se vi va di segnalarmeli.

Primo aggiornamento : anche se si va di fretta conviene dare almeno 10 minuti alla polverina diluita con l'acqua prima di aggiungere altri ingredienti. Altrimenti la mucillagine si libera più difficilmente.
Secondo aggiornamento : quando si usa come sostituto dell'uovo conviene aggiungere un po' di fecola di mais e un soffio di lievito.  Per i dosaggi, esperimenti in corso.
Segue...

Kat 

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Miscela casalinga di Polveri Lievitanti

A completare la serie delle trovate sperimentate e adottate che mi sembra utile ripubblicare per conto loro per renderle più fruibili aggiungo la miscela casalinga di Polveri Lievitanti scoperta anni fa grazie a Clea.
Mescolare con cura in un barattolo:
- 50 g di cremor tartaro
- 25 g di bicarbonato
- 25 g di fecola di mais

Per il cremor tartaro vado in farmacia e chiedo una confezione da 500 g che mi arriva dopo qualche giorno. Un farmacista serio farà in modo di procurarvi la meno costosa. E' proprio così che ho scelto la mia farmacia di fiducia. Specificate però che il prodotto vi serve per cucinare e - se avete questa esigenza - che dev'essere gluten free. Ultima cosa da tenere a mente: il cremor tartaro scade dopo 5 anni dalla data di produzione però non fate scorte esagerate. Così come il bicarbonato, fresco è più efficace. Per lo stesso motivo conviene evitare di preparare troppa miscela. Con i 100 g della formula base si va avanti un bel po'.
Quando nei prodotti da forno non bastano bicarbonato + aceto di mele, uso da un cucchiaino a un cucchiaio di questa miscela, secondo esigenze e dimensione dell'impasto, indicativamente un cucchiaio laddove si userebbe una bustina di lievito.
E mi trovo proprio bene.
Kat

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12 dicembre 2014

Wolfigana reloaded feat. Pixies' dust

Con un titolo del genere, che sarà mai?

Ma sì, ma sì,  è solo una torta, una torta che se la tira un po', anzi parecchio e da parecchio.
Ecco, l'ho detto. Però mica lo penso ;-) O forse solo un po'.
Se la tira parecchio anche la Pixies' dust, se è per questo. Immagino sia normale per chi come lei è in grado di compiere notevoli magie.

La formula della Pixies' dust, ovvero Polverina Fatata è molto semplice. Servono :
- 4 parti di semi di Lino      per esempio 60 g   ( in centro nella foto)
- 2 parti di semi di Chia      per esempio 30 g   ( a destra nella foto)
- 1 parte di semi di Psillio*   per esempio 15 g ( a sinistra nella foto)

* Reperibile in erboristeria, a volte anche già macinato. In semi, l'ho pagato 3,10 euro l'etto. 

Si macina il tutto fine fine, idealmente col Bimby o bestioni di quella cilindrata, qualcuno addirittura con la lama della macchina per fare il latte vegetale, ma andrà bene anche un semplice macinacaffé.  Basta che la polverina venga fine. Si mette in un barattolo che si tiene in frigo e ... si sperimenta.

Si mormora che, dosata giudiziosamente, consenta di fare a meno delle gomme (Guar e/o Xantana) nei prodotti da forno senza glutine. L'ho trovata nel blog di Makanai che l'ha trovata da Gluten-free Doctor. Flo-Makanai sta ancora sperimentando anche lei. Sì perché è facile metterne troppa e ritrovarsi con crèpes, pagnotte e torte gommose.
Visto che mi serviva un tocco di magia per veganizzare la mia amata Torta Wolfi, visto che il primo recente esperimento non mi aveva convinta, ho deciso di provare la polverina fatata per sostituire le uova del biscotto originale. Quanto avevo letto in rete mi ha suggerito di aggiungere un po' di fecola di mais e un soffio di lievito. Così ho fatto e vi racconto e ve lo racconto oggi, nell'ambito del Gluten free Friday  perché usando ingredienti certificati potrete ottenere un dolce 100 % vegetale e privo di glutine.

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living
Per riuscire a fare una Wolfigana (Torta Wolfi vegana) che mi soddisfacesse ho prima dovuto accettare che venisse diversa dall'originale, come una figlia è diversa dalla madre anche se le assomiglia molto. E' sempre una torta al cioccolato farcita di crema ai pistacchi ma ora si comporta da Macaron a due piani.
A dir vero, già che c'ero, mentre sperimentavo con le mandorle (meno costose dei pistacchi) mi sono accorta di preferire la versione mandorlata. Qui lo dico e non lo nego.
Già che c'ero, l'ho anche liberata dalla ganache. Free the Wolfi!

Per una Wolfigana di (indicativamente)10x24 servono :
Per il " biscotto" :
 - 15 g  di Polverina Magica
- 125 ml d'acqua
- 150 g di farina di Pistacchi non salati o di Mandorle o di Nocciole*
- 20 g di Fecola di Mais
- un cucchiaino di Lievito per torte (io la solita miscela casalinga**)
- 100 g di Zucchero a velo (fatto in casa con zucchero di canna)
- un pizzico di sale
- 100 di Cioccolato (idealmente al 70% ma basta un buon fondente al 52%)
- una teglia da 28x24 (indicativamente)

* Volendo prima tostarli per esaltarne il sapore, occorre lasciarli raffreddare completamente prima di macinarli.
**  Miscela casalinga di polveri lievitanti, trovata credo da Clea: mescolare con cura in un barattolo 50 g di cremor tartaro, 25 g di bicarbonato e 25 g di fecola di mais. Evitare di prepararne troppa così da averla sempre fresca.

Come sempre quando si usano semini mucillaginosi, tutto inizia mettendoli a bagno e dandogli il tempo di rilasciare la loro gelatina. Ho mixato l'acqua (125 ml) e la polverina fatata (15 g) per un paio di minuti nel bullet e lasciato riposare una mezz'ora e  mi sono trovata bene.
Nel frattempo ho macinato a velo lo zucchero (quello del commercio non è solo costoso, contiene anche glutine) quindi l'ho lasciato nel macinino (così si evita che la frutta secca faccia l'olio)   e ho aggiunto i pistacchi mixando finemente il tutto. Ho fatto fondere e lasciato intiepidire il cioccolato.
A quel punto ho acceso il forno su 180° e preparato la teglia (con carta forno se non fosse di silicone).
Ho mescolato la farina di Pistacchi, lo zucchero a velo, la fecola di mais, il lievito  e il pizzico di sale in una ciotola. Ho aggiunto "l'uovo" di Polverina Fatata e amalgamato il tutto prima di incorporare il cioccolato. Con una spatola e un po' di cura ho livellato il preparato nella teglia e l'ho infornato per 20 minuti, forno non ventilato così da evitare che faccia la crosta.
Si è comportato esattamente come il "biscotto" a base di bianco d'uovo della Wolfi del 2006. Ha fatto le bolle, poi si è letteralmente increspato, però ispirava già fiducia...
L'ho sfornato e lasciato intiepidire una decina di minuti nella teglia prima di rovesciarlo su una griglia coperta di carta forno perché si freddasse complemente. A quel punto l'ho assaggiato e ho trattenuto a stento un Vavavooooomva!
Tanto per calmarmi (e dare anche a quella il tempo di raffreddarsi prima dell'uso) ho preparato la crema. Al Pistacchio, senza coloranti avrà questo colore più grigetto che verdino:

Per la Crema Passepartout (al Pistacchio o Mandorle o Nocciole)
- 250 ml (+ un goccio) di latte vegetale, il tipo senza zucchero ne' aromi (magari di Riso alla Nocciola se vi ispira la versione nocciolata)
- 4 cucchiai di Zucchero scuro (magari Dulcita, per l'aroma e il colore ambrato)
- 30 g di farina di Pistacchi o Mandorle o Nocciole (macinati con lo zucchero, come sopra)
- 20 g di Fecola di Mais
- un bacello o un cucchiaio di estratto naturale di Vaniglia
- un cucchiaio di Burro di Mandorle o di Nocciole

Far sobbollire il latte con lo zucchero e il bacello di vaniglia.
Mescolare in una ciotola la farina di pistacchi e  la fecola. Diluirle a freddo con un goccio di latte. Volendo usare l'estratto di vaniglia anziché il baccello, questo è il momento giusto per aggiungerlo. Versare nella ciotola, poco per volta e girando senza sosta, il "latte" bollente quindi trasferire il tutto nella pentola del latte e cuocere su fuoco dolce, sempre girando, finché non si addensa. Così come recitano le confezioni di fecola di mais, basterà un minuto di lieve ebollizione. Meglio due, va.
A fuoco ormai spento, si aggiunge il burro di mandorle (o di nocciole), si mescola bene e si lascia intiepidire il tutto.
Dopo aver tolto l'eventuale bacello di vaniglia, si  mixa col minipimer per  lisciare la crema e farle incorporare aria. Una volta fredda, ha una consistenza a metà fra la crema inglese e la crema pasticcera e si spalma senza colare.

A questo punto resta da montare la torta tagliando con un buon coltello da pane il "biscotto"  in tre strisce di pari larghezza, e impilandole con in mezzo  due strati di Passepartout.  Ho scelto di tagliare via tutti i bordi, inevitabilmente più secchi. Ho anche avvolto il biscotto freddo in carta forno in attesa di montarlo per evitare che si asciugasse. Penso che, così protetto, possa anche aspettare un paio di giorni, purché non faccia molto umido.
Basterà un po' di precisione nel taglio e di delicatezza nel montaggio perché nulla sporga e nulla si spezzi.
Resto però della idea di fare senza Ganache. Non ce n'è ne' sopra ne' dentro questa Wolfigana. La presenza della polverina fatata consente di ottenere un "biscotto" dal sapore molto intenso, non gommoso ma abbastanza elastico e maneggevole da evitare di trovarsi con magagne da coprire.

Volendo, la ganache del primo esperimento 100 % veg è proprio buona. Fatene però solo un terzo, anche meno, giusto quanto basta per spalmarne uno strato, evitando comunque di glassare la torta.
Volendo, ci può invece stare un soffio di zucchero a velo, da spolverizzare all'ultimo momento.
Ho preferito fare senza. Ebbene sì, questa è una fase sobria, tant'è che la Wolfigana della foto è un formato... monoporzione. Più leggero sulla bilancia ma anche più facile da servire e da gustare, magari con una forchettina.
Piaciuta e  adottata. The Ultimate Wolfigana? Sembra proprio di sì.
Kat

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10 dicembre 2014

Wolfigana di Compleanno

C'era una volta, nove anni fa, il primo post dei Cuochi di carta, il nostro amato Namberuan.
C'era una volta, qualche mese dopo, in occasione del compleanno di Mozart...la Torta Wolfi.
Dicono sia la cosa migliore che abbia mai sfornato. Può darsi.
Nel frattempo sono usciti dalla mia vita un buon numero di alimenti. Quindi, ecco a voi una Wolfi...gana.   

In vista di questo primo tentativo,  ho sperimentato un po' sul fronte delle creme e su quello della Ganache e ...sorpresa anche per me che in giro avevo letto ricette assai più complesse, la Ganache 100% vegetale mi è venuta al primo colpo. Con due soli ingredienti.
Che dite, iniziamo da quella?

Le proporzioni sono identiche a quelle della Ganache tradizionale, metà panna, metà cioccolato fondente.  Si mettono in una pentola a fondo spesso :
- 200 ml di panna di soia (io la Sojade che dichiara il 17% di grassi)
- 200 g di cioccolato fondente (di copertura al 52%  o quello che preferite ma non oltre il 70 %)

Si fa fondere il tutto su fiamma bassa e appena ben amalgamato si spegne e si versa in una terrina dai bordi alti.  Mentre si fredda, si deve decidere se montarlo tutto a ganache o tenerne una parte  per glassare la torta.  Volendo fare una torta glassata con un unico strato di ganache all'interno, può bastare un terzo a ganache e il resto  per la glassa. Se invece si decide in partenza di non glassare la torta, basterà fare mezza dose. Con 100 ml  di panna + 100 g di cioccolato ne avanzerà un po'.
Poco male, vero? 
Se però avete deciso di glassare la torta, può esservi utile sapere che il cioccolato semplicemente sciolto nella panna, anche freddo di frigo, è più facile da spalmare della ganache.
Ha questa faccia qua, bella lucida e densa:

Chiusa parentesi di riflessioni varie!
Per montare la ganache basta accendere le fruste elettriche e sbattere sbattere sbattere e sbattere ancora. Come per la versione tradizionale, a volte ci vanno 4 o 5 minuti, a volte persino un po' di più quindi conviene verificare che il motore non scaldi per evitare di fonderlo.  
La ganache è ganache quando da lucida e densa la massa diventa chiara e spumosa  e fa le creste.

Che abbiate scelto di fare tutta ganache o meno, conviene riporre  tutto quanto in frigo, in contenitori ermetici o comunque coperti, fino al momento dell'uso. E dedicarsi alla crema, così sarà ben fredda quando verrà il momento di spalmarla.  
Per una Wolfigana da, indicativamente, 9 x 24 serve una dose di Passepartout, una crema vegana e potenzialmente glutenfree, con 30 g di pistacchi al posto delle mandorle.

E per il "biscotto"?
Se mangiate le uova, anzi l'albume, vi suggerisco quello, potenzialmente glutenfree, della Torta Wolfi prima maniera. Bianco d'uovo, pistacchi, cioccolato e zucchero a velo.
Anche voi non mangiate le uova? Vediamo cosa possiamo inventarci ;-)
Per questo primo tentativo vegano, ho usato una dose di  Nuvola al cacao con 50 g di pistacchi macinati a sostituire altrettanta farina e un cucchiaione di burro di mandorle (meglio sarebbe il burro di pistacchi se avete il coraggio di farlo) al posto di altrettanto olio.
Siccome la Nuvola non è facile da tagliare, soprattutto in tre strati, ho usato lo stesso accorgimento messo in atto per la Torta Wolfi. Ho spalmato l'impasto in una forma rettangolare ottenendo un "biscotto"sottile, da tagliare in tre strisce.  Una dose di Nuvola e un po' di pazienza bastano a coprire il fondo di una teglia da, indicativamente, 24 x 28, da foderare di carta forno se non fosse di silicone.
Non sono stata abbastanza paziente e mi è venuta un po' irregolare . Soprattutto l'ho cotta un pelino troppo, dimenticando quanto fosse sottile.
Bastano e avanzano 20 minuti a 180°, anche meno se il vostro forno è un tipo deciso.

Per non rischiare di spezzarla converrà lasciarla raffreddare almeno un po' nella teglia.
Muniti di righello (lavato e asciugato con la dovuta cura) e di un buon coltello da pane, non resta che dividerla in tre strisce. Sono fragili quindi sarà meglio lavorare su carta forno e usare sia quella che una spatola per gli spostamenti.

Una striscia di Nuvola, uno di ganache, un' altra nuvola, uno strato di crema Passepartout al pistacchio e una terza nuvola a coprire il tutto, per i miei gusti la torta finirebbe qui. Mi accontenterei di un soffio di zucchero a velo a coprirne le magagne.

Però l'occhio vuole la sua parte, quindi l'ho stuccata con la glassa e, per finire, con la ganache rimasta.

Piaciuta, certo, ma non del tutto. Forse per via della Nuvola asciugata dall'eccessiva cottura, forse perché la glassa dominava un po' troppo, forse perché con gli anni sono diventata meno golosa.
In riassunto (e in linea con lo spirito dei Cuochi di Carta, dal dicembre 2005 a oggi ) finché non viene proprio come la vogliamo, si riprova. Sì sì, si riprova!
Kat    

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08 dicembre 2014

Col cavolo (di Emma e l'aceto di Elisa ;-)

Il cavolo che ci ha regalato Emma, era troppo bello e troppo buono per una vinaigrette qualsiasi !

Abbiamo tirato fuori dal frigo la nostra senape più chic (Maille à la Crème de Cassis de Dijon) e l'abbiamo diluita con l'aceto di  Cipolla Rossa di Elisa, la più Genuina delle nostre amiche e  emulsionata con olio e.v.o. Tutto qui. Ah no, dimenticavo il sale. Rosa, per rimanere in tema.

Una manciata di cranberries, qualche giro per distribuire bene la vinaigrette rose, una ventina di minuti di attesa (facoltativa) perché si insaporisse bene e ... Piaciuto moltissimo!

I prodotti Genuinus sono in vendita allo Tsaven, il mercatino di Campagna Amica, sotto i portici di Piazza Chanoux ad Aosta, tutte le domeniche di questo mese  fino a Natale e ogni seconda domenica del mese durante l'anno. Ieri, per via del lunedì festivo, era un delirio ma domenica 14 e domenica 21 sarà bellissimo.Ci vediamo lì?
Fin qui i cavoli, per la merenda appuntamento mercoledì.
Kat

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05 dicembre 2014

Tonde, pallide e un po' lunari

Era un po' che non ci facevamo vivi per il

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living

Eccoci, con una ricetta che si presta a mille abbinamenti, anche festivi, anche festosi.

Vi piacciono le Tortillas e i Wraps? Anche a me, molto.
Queste "cose" tonde e pallide dalla superficie un po' lunare sono una gustosa e nutriente alternativa glutenfree ai  wrap a base di farine momentaneamente o definitivamente infrequentabili.
La lista degli ingredienti è scarna: farina di riso, acqua, sale, olio, un po' di pazienza e una buona padella antiaderente bella spessa e molto piatta. 

Le pastelle a base di riso rendono poco quindi non stupitevi se per 8 tortille di circumcirca 18 cm di diametro occorrono ben:
- 320 g di farina di riso, anche metà integrale purché bella fresca (irrancidisce facilmente)
- 600 ml di acqua
- 50 ml d'olio, e.v.o  (o altro a vostra scelta),  per la pastella + qualcosina per la cottura
- 1 cucchiaino di sale.

Mescolate il tutto, meglio se nel mixer quindi lasciate riposare, almeno 20-30 minuti.
Se proprio andate di fretta e dovete saltare la fase di riposo, mixate a lungo prima di cuocerle.
Ungete leggermente la padella - ben calda ma non rovente - prima di colare ogni tortilla.Versate un po' di pastella (diciamo un mestolo)  nel mezzo. Alzate la padella dal fuoco e fate girare la pastella.
Se vi riesce! Si rapprende così in fretta che è davvero difficile farla scorrere. E non tollera l'uso di spatole.  Le normali pastelle consentono di coprire l'intera superficie della padella, questa no.

Pazienza! Vale la pena andare avanti.
A questo punto, andare avanti significa aspettare che la bianca frittella grottoluta, se spinta delicatamente con una spatola, accenni a spostarsi liberamente sulla superficie della padella quindi aspettare ancora due o tre minuti prima di provare a voltarla, con la spatola più larga che avete. Se si ripiegano su se stesse si incollano senza rimedio.Oppure si spezzano.
Tradizione vuole che, tra studiare la giusta dose di pastella e il giusto momento per voltarla, la prima crèpe venga uno schifo. Con questa pastella capita che venga un pastrocchio anche la seconda.  
Mandatemi tutte le malidizioni che volete  ma provate, almeno una volta, almeno mezza dose.
Così ve ne resteranno almeno due da assaggiare ;-) 
Noi ormai le facciamo più volte la settimana, cuocendole finché non iniziano a dorare e mangiandole ancora calde.

Come le tortillas di grano o di mais, se si cuociono prima  conviene tenerle sotto una teletta bagnata perché non si secchino, impilandole possibilmente tutte nello stesso senso (per esempio con il lato "bolle" in sù), sennò tendono ad  attaccarsi l'una all'altra. 
Come gustarle? Per esempio come colazione d'emergenza o al posto del pane.
A chi mangia pesce suggerisco di assaggiarle con  la trota affumicata. 
La prima volta le abbiamo sperimentate perché veniva a pranzo un amica con intolleranze diverse dalle mie e avevamo finito le gallette di riso senza sesamo.
Era fine estate e ne abbiamo fatto veri e propri wraps avvolgendo zucchine e peperoni tagliati a filetti e spadellati al dente con aglio e basilico. Il taglio a filetti fa sempre la sua figura  ma in questo caso consente anche di addentare il wrap senza cospargersi i vestiti di dadini di verdura.

Bene, ora tocca a voi esplorare.
Kat

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