29 giugno 2013

Margherita, ciao


Il nostro è un saluto da ciclisti, ripescato ne "La mia prima bicicletta", Ediciclo editore.
La tua partecipazione portava un titolo fedele al tuo spirito: "Quando ho capito perché i sellini delle bici da corsa sono così stretti".   Il quando e il perché non lo sveliamo. Chi ti ha amata e ama la bicicletta troverà il modo di scoprirlo.Ciao, Margherita, ciao.

    "Non ricordo quando ho cominciato a sognarla; avrò avuto almeno una decina di anni, perché ogni volta che veniva qualche conoscente in bibicletta, gli chiedevo se mi faceva provare, e qualcuno si prestava a lasciarmi salire e poi, tenendo il sellino, fare una breve corsa per la strada davanti a casa, allora deserta di macchine. Così non posso dire chi mi ha insegnato e come ho imparato, ma solo che ero abbastanza grande per arrivare ai pedali. Così pian piano, quasi senza accorgermene, ho cominciato a staccarmi dal mio accompagnatore. E allora è cominciato il desiderio di poterne avere finalmente una mia.
(...)
     Finalmente anche per me arrivò la prima bicicletta. Ero stata promossa in prima liceo e i miei, con gran sacrificio per i loro mezzi, mi comprarono la bicicletta. La comprarono in una botteghina all'inizio di via Ricasoli, a duecento metri dall'ingresso del liceo classico Galileo Galilei, dove avrei frequentato la prima. Era nera, pesante e senza cambio com'erano allora tutte le biciclette non da corsa.
(...)
    Stava per iniziare l'anno scolastico e io volevo andare a scuola in bicicletta; ma dove lasciarla? Il venditore si offrì di buon grado di tenerla in negozio durante le ore di scuola.
    Per i primi due anni di liceo andai sempre a scuola in bicicletta. Per tornare a casa dovevo fare la lunga salita di Poggio Imperiale,  ma con l'allenamento dopo i primi giorni la facevo senza troppa fatica.
Al liceo, frequentato soprattutto da ragazzi e ragazze "bene" con la puzza sotto il naso, il mio arrivare a scuola sudata e scalmanata oppure fradicia di pioggia era fonte di derisione : così in terza cominciai a prendere il tram. Ma era anche l'ultimo anno e ci aspettava l'esame di maturità. Così mi alzavo tutte le mattine alle sei per ripassare tutte le materie: allora dovevamo portare tutte le materie degli ultimi tre anni. Era un vero incubo.  Ma era anche il 1940. A maggio ebbi un accanita discussione, io antifascita, con compagni fascisti. Per questo reato avrei dovuto essere espulsa da tutte le scuole del regno. Fu quello che toccò a Claudio Villi, un fisico dell'Università di Padova, per un caso analogo. Invece i professori del Galileo, segretamente antifascisti, eccetto quello di matematica che mi aveva denunciato, commutarono la pena in sette in condotta. Sarei dovuta andare a ottobre con tutte le materie. Ma il 10 giugno 1940 l'Italia fascista entrò in guerra accanto all'alleato nazista. Gli esami di matuirità furono sospesi e tutti i maturandi promosso o bocciati in base ai voti di scrutinio. Così io sono uno dei pochi fortunati che non hanno fatto l'esame di maturità.
     Quell'estate del '40 la passai sempre in bicicletta ... "    Margherita Hack   

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03 giugno 2013

Pane e acqua

(ovvero un dolce di compleanno sobrio sobrio ... ;-)
Le rose sono, malgrado il freddo prolungato, un dono dell'orto. Verdura zero ma rose e fragole quante ne vogliamo.
Il Pan di Spagna vegano nasce invece dall'elaborazione di una ricetta scovata in una vecchia pubblicazione Gribaudo/Parragon intitolata Fantasie da forno. Ottimi spunti ma, purtroppo, in alcuni casi dosi, come dire, mal calibrate. Che dipenda dal passaggio da cups a grammi? Capita.
Per farla breve, questo è un "Pan di Spagna" all'acqua, è buono e soffice e si presta bene ad essere farcito. Nel mentre, siccome non hanno ancora inventato il teletrasporto, CdC torna ad essere la cucina virtuale che ci consente di stare un po' insieme anche se lontani. Ecco.


Dosi per 6-8 piccole porzioni (due teglie, meglio se apribili, di 18-20 cm di diametro)
- 225 grammi di farina
- 2 cucchiaini di lievito in polvere
- 160 g di zucchero, magari scuro(a mio gusto ne bastano 150 g) 
- un pizzico di sale
- 6 cucchiai di olio (io e.v.o ma riso, girasole o arachidi sono più neutri)
- estratto di vaniglia
- 170 g d'acqua (la ricetta originale ne prevede 250...)

Per farcire:300 g di misto bosco surgelato, zucchero a piacere, succo di limone, mezzo cucchiaino di agar agar
oppure marmellata di frutti bosco o quella che più gradite.

Per il "tocco di classe" che copre le eventuali magagne : zucchero a velo.

Procedimento :
Mentre il forno si scalda, mescoliamo con cura gli ingredienti secchi (farina, lievito, zucchero e sale) quindi  incorporiamo l'olio, l'estratto di vaniglia e l'acqua. Dividiamo l'impasto fra le due tortiere abondantemente unte d'olio e infarinate (sennò foderate di carta forno) e inforniamo a 180° per 25-30 minuti.
Sforniamo e lasciamo intiepidire nelle teglie quindi apriamo i cerchi e mettiamo a finire di raffreddare su una griglia.

Se, per farcire, optate per la crema di frutti di bosco fatta in casa, basterà versare in un pentolino i frutti ancora gelati, aggiungere zucchero secondo i vostri gusti,il succo di mezzo limone e mettere sul fuoco con un coperchio (sorvegliando sennò scappa e impiastra tutto il fornello) il tempo di far "scoppiare" i frutti. Quindi si versano in un colino e si schiacciano con una spatola per spremere tutto il succo e buttare via i semini. Ora basterà aggiustare di zucchero e aggiungere mezzo cucchiaino di agar agar sciolto in un cucchiaio o due di acqua. Cinque minuti su fuoco dolce rimestando ogni tanto quindi si lascia intiepidire tenendo presente che da freddo diventa una gelatina piuttosto solida.
Per completare la torta si dovrà affettare via la gobbetta di una delle due basi, versare la quantità di farcitura desiderata quando è ancora morbida, coprire con il secondo strato e spolverizzare di zucchero.

E se, come noi, si hanno dei gatti e il forno è ancora troppo caldo per fare da antifurto, mettere la torta il più in alto possibile...

Kat

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