29 novembre 2013

Un pizzico di farina di riso



Ebbene sì, è già tornato il venerdì e fa rima con Glutenfree ;-)
Ho per le mani un paio di cose da sperimentare che mi attirano molto. Purtroppo dovranno aspettare qualche giorno.  Però ci tenevo ad esserci anche oggi.
Vi va se facciamo un giro in archivio? Per alcune ricette sono passati anni. La maggioranza prevede proteine animali che non frequentiamo più ma, l'avrete capito se ci venite a trovare regolarmente, CdC non fà proselitismo. Proponiamo alternative e raccontiamo quanto abbiamo imparato senza rinnegare quello che cucinavamo un tempo (tant'è che è ancora tutto in linea ;-)
Vediamo un po' cosa capita di ripescare cercando, per esempio,  a "farina di riso". 
Mi è capitato, nel gennaio del 2006, di proporvi una ricetta di Spumini dolci al vapore a base di uova e farina di riso.
Sul fronte salato ricordo un Petto di tacchino impanato con farina di riso e curcuma* (sia in versione asciutta che in umido)  e molto più recentemente, una crosta per torte salate a base di farina di riso e farina di ceci che penso mi accompagnerà tutta la vita.

Buon Glutenfree (fri)Day.
Kat

* questa voglio provare a farla col tofu. Mi metto un appunto sul frigo poi vi dico.

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25 novembre 2013

Cavolo nero, nocciole e brina


Chissà se capita anche a voi di avvertire una piccola strizza di frustrazione leggendo una bella ricetta  che vi fa subito gola e però prevede come ingrediente principale un prodotto irreperibile, o perché da voi non si trova proprio o perché ormai fuori stagione?
In questo caso le ortiche del Pesto di ortiche con nocciole tostate del Laboratorio creativo Il Cardo di Reggio Emilia che ho addocchiato nel Marie Claire Italia di novembre.
Io le ortiche le coccolo, in angoli dell'orto vecchio a loro dedicati, così da  averne sempre a disposizione e mai in mezzo agli ortaggi. Le spunto regolarmente perché rimangano tenere e, se il raccolto supera il nostro appetito e gli altri usi orticoli (vedi puzzolentissimi ma efficacissimi beveroni anticrittogamici naturali), le surgelo e me le godo durante l'inverno. Sarà che me le sono godute troppo durante la bella stagione, quest'anno San Freezer non elargisce manco una pallina di ortiche lesse :-(
Però... Però nell'orto ormai bianco di gelo e nero di piante avizzite (ortiche comprese), svettano vivi e vegeti  ben otto cavoli neri. Piccoli ma robusti  e ancora più saporiti ora che hanno subìto un paio di botte di gelo. Così sono andata a spuntare quelli.
Una qua, due o tre là, ne ho raccolto una ventina di foglie, giusto quanto mi serviva per 4 porzioni di sugo di cavolo nero e nocciole tostate.


Oltre al cavolo nero (o a 200 g di ortiche quando capiterà di averne a disposizione) servono:
- 2 pomodori secchi (4 falde)
- un paio di spicchi d'aglio
- un paio di fettine di pane secco (magari nero, meglio ancora se di segale)  
- una bella manciata di nocciole
- olio e.v.o.
- sale (magari alle erbe)

Al cavolo nero va tolta la costa centrale poi, una volta lavato con cura, si fa lessare 5 minuti con poca acqua, si scola e, quando abbastanza freddo, si strizza bene e si trita grossolanamente.
I pomodori secchi, a meno di usare quelli sott'olio, vanno messi in un pentolino d'acqua fredda e portati a bollore quindi sciacquati e asciugati. Serve sia a farli rinvenire che a dissalarli un po'.  Quindi si tritano grossolanamente a coltello.
Così anche le nocciole. Per maggior sicurezza usate un coltello a lama robusta (nel senso di spessa e rigida) che potrete anche usare per schiacciarle prima un po' così non vi schizzano via . 
Il pane si può grattugiare (fori grossi della grattugia) o tagliare pazientemente a micro dadini.
Pane e nocciole si fanno poi dorare un attimo in  padella con poco olio e si lasciano da parte. Di solito il pane che si compra è fin troppo salato quindi non dovrebbe servire aggiungere sale.
In un' altra padella si mette a dorare in olio e.v.o. uno spicchio d'aglio schiacciato e i pomodori secchi tritati quindi il cavolo nero e si lascia insaporire su fuoco dolce aggiungendo qualche cucchiaio d'acqua calda al bisogno.
Siccome potrebbe bastare il sale dei pomodori secchi, mano leggera nel condire.
Quando il cavolo è tenero (prendetevi per tempo, è un ortaggio particolarmente tosto , sennò mica sopravviverebbe agli inverni tra i monti) si mixa. Se il sugo vi piace saporito, dice la ricetta originale de Il Cardo, aggiungete a questo punto l'altro spicchio d'aglio. E io aggiungo che al momento di mixare,conviene mettere nel mixer anche un bel cucchiaio di nocciole in modo che diano un po' di cremosità al pesto. Mi ero scordata che il cavolo nero da solo tende a separarsi in mucchietti (come da foto) e non avvolge la pasta.  Buono lo stesso ma merita un piccolo sforzo in più, ecco.


Così condito (aglio e pomodori secchi in padella, nocciole tostate e micro crostini a guarnire) il cavolo nero - se ne avete abbastanza a disposizione - si può usare come contorno o come pietanza a sè, anziché come condimento. In tal caso, basterà evitare di mixarlo. Secondo me vale la pena provarci anche con  le coste. Sì, sì.
Intanto, piaciuto molto.
Kat

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22 novembre 2013

Galettes bretonnes 100% glutenfree

Versione senza uovo di una ricetta bretone tradizionale già naturalmente glutenfree in quanto a base di grano saraceno. A dir vero, la ricetta tradizionale prevedeva un uovo solo per 500 g di farina. O nessuno, se le uova latitavano, mi dice la zia Jeanne, bretone Doc..
Già che c'ero, ho sperimentato il più classico dei sostituti vegetali, ovvero i semi di lino, e vanno benissimo. Si potrebbe fare senza ma danno un pelino di elasticità in più e vanno a completare i nutrienti del grano saraceno che, pur non essenso un cereale,  è comunque molto nutriente e, bontà sua, sazia anche moltissimo.
Serve specificare che per essere realmente e totalmente glutenfree, quindi frequentabile in caso di celiachia, questa ricetta come tutte le altre, necessita di alimenti garantiti ? Ma sì, serve sempre.  Per saperne di più, c'è questo bel post di Gaia.


Dose per una dozzina di galettes (del diametro di un piatto da frutta):
- 250 g farina di saraceno, fine (se non la trovate. setacciate due volte quella da polenta)
- un cucchiaino di sale
- 600 ml acqua
- 2 cucchiai d'olio
- 1 cucchiaio bombato di semi di lino
- un altro paio di cucchai d'olio per la cottura

Per primissima cosa, macinate i semi di lino. Poi misurate l'acqua. Versatene un po' (diciamo mezzo bicchiere) sui semi macinati e dategli il tempo di trasformarsi in una papetta quindi aggiungetevi l'olio e mescolate.
Mettete in una ciotola la farina e il sale e mescolate. Bagnate con l'acqua frustando per evitare grumi e, per finire, incorporate "l'uovo di lino". Mescolate bene.
A questo punto entrano in conflitto due scuole, quella che impone di lasciar riposare la pastella almeno un'ora e quella che insinua che non serve a niente. A mio parere l'attesa migliora davvero la pastella delle crêpes a base di frumento, latte, burro e uova  ma  su questa incide poco o nulla. Quindi... fate scaldare una padella antiaderente. Di quelle col fondo spesso e ben piatto, questo sì che ha il suo peso. Quella che vedete nelle foto e ci accompagna da anni è una piastra della Bialetti.

Per ungerla, appena appena  ma sovente, il modo più comodo mi sembra quello di versare poco olio in un piattino e intingervi uno straccetto avvolto attorno a un cucchiaio di legno oppure una patata tagliata a metà infilzata su una forchetta. Una passata veloce sulla padella per velarla di olio e iniziano le danze.
Versate un mestolo di pastella nel centro della padella ben calda ma non rovente.

Ora avete due possibilità ma comunque tempi stretti. Allargate la pastella con una spatola oppure fate ruotare la padella con polso deciso in modo che la pastella si spanda da sè.
Se è davvero difficile spalmarla, è probabile che sia troppo densa e vada allungata con mezzo bicchiere d'acqua. O un altro paio di cucchiai di olio, se volete galette più elastiche.
Tenete presente che una pastella che ha riposato ha quasi sempre bisogno di essere allungata.


Mentre il primo lato si rapprende, potete anche divertirvi a tappare con la spatola i buchi che si formano naturalmente sulla superficie.
Unico scopo, non farsi poi colare la marmellata sulle dita.

Quando è rappresa (ci vorrà un minuto o poco più), staccate la galette con una spatola sottile e giratela. Un'altro minuto e, se la temperatura della padella è sufficiente, è cotta.
Cuocete tutte le galettes e fatene una pila su un piatto che coprirete con un recipiente rovesciato o un foglio di alluminio perché rimangano calde.
Se le avete preparate in anticipo e volete riscaldarle basterà appoggiare il piatto su una pentola d'acqua calda.
Come gustarle? Per esempio con latte di cocco e marmellata, come nella foto di apertura, per una colazione o un brunch gluten free pronti in pochi minuti,  con un ripieno  o un accompagnamento salato o, come racconterò prima o poi, a mo' di tagliatelle in  brodo vegetale ai funghi.
Buon Gluten Free (fri)Day ! 
Kat

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20 novembre 2013

Un impasto, due consistenze


Comodissima questa ricetta di Clea che consente di fare sia la base che lo streusel di questa  torta  con un unico impasto! L'ho trovata nel suo  libretto Flocons d'avoine (Fiocchi d'avena), pubblicato un paio d'anni fa dalle edizioni  La Plage. Prevede appunto l'uso dei fiocchi d'avena ma, un po' per vedere se veniva bene lo stesso, un po' a causa di una data di scadenza in rapido avvicinamento, li ho sostituito con del muesli.
Usando quello privo delle (purtroppo consuete e inqualificabili) polveri di siero di latte e affini e uno yogurt di soja, si ottiene un dolce vegano.  


Per una teglia di 20x20 servono :
- un foglio di carta forno per foderarla(necessarissimamente necessario)
- 200 g di fiocchi d'avena o di muesli
- 160 g di farina bigia (io ho usato kamut)
- 120 g di zucchero scuro (se usate il muesli e il vostro è già zuccherato, calate le dosi di conseguenza) 
- un pizzicone di sale
- 80 g di "burro" di mandorle
- 40 g d'olio e.v.o
- 100 g di yogurt di soja (o di pecora come Clea o quello che frequentate di solito)
- frutta per il ripieno e spezie a piacere per la versione autunno/inverno.
In estate Clea usa albicocche fresche (una decina). In questa stagione direi mele e/o pere
meglio se cotte una decina di minuti e lasciate intiepidire. Io avevo delle renette fiappe e delle pere dure che mi hanno consentito di ottenere una consistenza tra il cremoso e il fondente. Qualche prugna secca sarà senz'altro la benvenuta.


Procedimento :
Accendere il forno su 200°, dice Clea. Io mi sono limitata a 180 ma dipende dai forni. 
Mescolare i fiocchi, la farina, il sale e lo zucchero in una ciotola.Aggiungere l'olio, il "burro" di mandorle e  lo yogurt e amalgamare il tutto.
Foderare una teglia con carta forno e versarvi due terzi dell'impasto. Farne uno strato di spessore regolare pigiando con un cucchiaio bagnato. O con una mano, bagnata pure quella.  Coprire con il ripieno fruttoso prescelto, quindi con l'impasto restante. Livellare anche quello. Infornare per 35 minuti.
Lasciare che si freddi prima di ritagliare a quadrettoni.
Clea dice che si conserva qualche giorno in una scatola di latta. Noi l'abbiamo spazzolato troppo in fretta per poter confermare, ma di lei ci fidiamo ciecamente e da diversi anni.
In riassunto, piaciuto!
Kat

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19 novembre 2013

Broccolo marziano e "conza" verde


Voi come lo chiamate? Cavolfiore verde? Cavolo romanesco?  Anni fa, Remy l'ha definito cavolo marziano e così si è insediato nel lessico famigliare. E così ve lo propongo, trasformato in sugo per la pasta (qui fusilli di farro semintegrale della Iris, grazie G.A.S.!).
Una cosa banalissima e  persino un po' quaresimale (cavolo, aglio e olio) se non ci fosse... la "conza" verde ovvero una generosa spolverata di pane, pistacchi e poco altro.
Tutto inizia cuocendo al vapore il cavolo romanesco, diciamo uno piccolo per due porzioni. Quindi se ne tengono da parte un paio di cimette  per decorare i piatti e si sgniacca grossolanamente il resto, magari con lo schiaccia patate, oggetto tutto fare e piacevolmente libertario, nel senso che ti permette di decidere tu quanto fine vuoi il puré.

La passata verde tenero si versa in padella con olio, aglio spremuto e fuoco tranquillo.
Un po' di sale per finire. 
Durante la cottura del cavolo si ha tempo di preparare la "conza" verde. Per ogni porzione servono :
- un cucchiaio di pistacchi tritati grossolanamente
- due cucchiai di pane secco sbriciolato
- un cucchiaino di prezzemolo tritato
- sale (magari alle erbe)
e... un'altra padella.

Basta tostare lievemente i pistacchi in padella asciutta (partenza a freddo e sguardo vigile per fermare il tutto appena iniziano a dorare), aggiungere il pane, mescolare su fiamma più decisa, aggiungere un paio di cucchiai d'olio, un po' di sale, mescolare, spegnere il fuoco e da ultimo per non cuocerlo, unire il prezzemolo.
La pasta cotta si versa nella padella dove si è insaporito il cavolo marziano e da lì nei piatti che verranno generosamente "conzati" e , eventualmente, decorati con le cimette tenute da parte.
Chi non ama il prezzemolo sceglierà qualche altra erba aromatica di suo gusto. Se secca, meglio aggiungerla in padella con pane e pistacchi per risvegliarne il sapore. Remy ha poi dato un tocco piccante al  suo piatto con un po' di peperoncino.


Piaciuto!  La stessa "conza" va daccordo con quasi tutte le verdure.Secondo me piacerà anche a chi può usare il Parmigiano.
Kat

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17 novembre 2013

Che s'ha da fa' per campare!

ovvero, Semola colto sul fatto. Il ragazzo riesce a raccogliere anche il sughino sul fondo  di un contenitore troppo stretto per il suo muso e posso testimoniare che, con calma e metodicità, ripulirà perfettamente "tutto" il bicchiere.

Povero Semola, che vitaccia!
Dimenticavo, lui, la sua pappa l'ha già mangiata mezz'ora fa. Con la stessa metodicità ma molta meno calma. Ma quello nel bicchiere è il sughetto della pappa della nuova arrivata.
Fosse ben anche una schifezza, non potendo far sparire lei, s'ha da far sparire almeno quello!

Remy

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15 novembre 2013

Un giorno su sette



Un giorno alla settimana senza (senza latticini, senza lievito, senza proteine animali e via dicendo ma mai senza frutta e/o verdura), cosa che molti specialisti dei disturbi legati all'alimentazione raccomandano (per lo più inascoltati) già da anni anche a chi disturbi non ne ha. Proprio per continuare a non averne.
Oggi  parliamo di un giorno senza glutine quindi non soltanto senza grano ma anche senza avena, farro, kamut, orzo, segale  e prodotti che ne contengono.
Oggi (sì, ha da essere oggi, venerdì ovvero Friday) la mia partecipazione arriverà tardi o non arriverà in tempo (con l'età ho davvero dei problemi con le scadenze ma vedrò di risolverli) così vi segnalo sia l'iniziativa che  il bellissimo nuovo posto de La Gaia celiaca.
Chi ha detto che senza glutine si deve rinunciare a tutto?  Questo venerdì  Gaia propone una  Crema Catalana Gluten-Free. Provare per credere!  Ve la segnalo con tanto di cappello per l'energia che riesce a trovare, tra scuola e famiglia, per i suoi blog
Sì, si può mangiare bene malgrado le intolleranze, anche quelle più severe. Un po' di amore per la cucina non guasta, un po' di apertura mentale e di spirito di adattamento servono senz'altro ma c'è anche la rete a portare ovunque le informazioni, le ricette, la condivisione delle esperienze personali, momenti di scoramento comprensi.
A chi legge il francese segnalo questo post decisamente prezioso di Flo-Makanai sull'argomento. In seguito conto di chiederle il permesso di tradurlo e pubblicarlo qui.
La mia esperienza personale inizia con una prescrizione medica (niente proteine aninali), ora è una scelta. In realtà, lo è sempre. Una prescrizione medica si può anche disattendere.
Ci sono pur sempre montagnole di medicine per alleviare sintomi che scompaiono più semplicemente  (per davvero e gratuitamente) liberando l'organismo da quello che, per mille diversi motivi, rifiuta (a volte solo temporaneamente, a volte per sempre).
Buona giornata "senza".
Già che mi trovo vi invio alla torta gluten-free pubblicata venerdì scorso  e che sta spopolando tra gli amici ;-)
Kat  

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12 novembre 2013

(Vegan) Burger time


Ispirata dai blog e dai libri della Post Punk Isa Chandra Moskowitch  e della felice "erbivora"  Lindsay Nixon, era parecchio che ci volevo provare.
Come sempre, ho ridotto parecchio gli ingredienti delle ricette originali, eppure le mie polpette non si sono sfasciate, così mi sono esaltata un attimo, giusto il tempo necessario per raccontarvi questi Burger di Fagioli rossi e Quinoa e davvero pochissimo altro.
Ah beh sì, l'insalatina tipo "salsa" messicana che li accompagna.

Per 4 polpette ho usato :
- una scatola di fagioli rossi, 240 g sgocciolati (Red kidneys canadesi del discount, teneri e  saporiti, non c'è che dire,  ma la prossima volta mi  voglio ricordare di mettere in ammollo e far cuocere un' ora in p.a.p. un po' di fagioli vellutina, che oltre a tutto sono siciliani, così evito di ingoiare il glucosio e le altre cosucce per me dannose che ho poi trovato, troppo tardi, sull'etichetta),
- pari volume di Quinoa scotta
- concentrato di pomodoro alle verdure (sì, lo confesso, quello in tubetto ma solo ogni tanto), 2 cucchiai
- una foglia d'alloro
- un paio di cucchiaini di erba cipollina essiccata
- sale alle erbe

Mentre la Quinoa, prima ben sciacquata in un colino, scuoceva in 2 volumi e mezzo d'acqua anziché i consueti 2 che l'avrebbero lasciata al dente, ho scolato e sciacquato i fagioli e li ho cotti in padella su fuoco dolce con il concentrato di pomodoro, l'alloro, l'erba cipollina e quella poca acqua che serviva a non farli attaccare. Una volta asciugati, ho tolto l'alloro e li ho passati col passa verdure griglia a fori medi. Sì, penso che vada bene anche il mixer ma ho preferito lasciare un po' di "granulosità"  e la conseguente rusticità al composto.
L'ho versato nella pentola della Quinoa, ho mescolato, aggiustato di sale e lasciato freddare. No, non mi sono dimenticata di citare l'olio. Non l'ho proprio messo perché il misculio era già legato e saporito di suo.   
L'olio, l'ho poi usato per ungermi le mani al momento di dare forma alle polpette. Sarà che la quinoa era scotta al punto giusto ma la miscela si è lasciata compattare facilmente senza richiedere l'aggiunta di farina ne' dentro ne' fuori.
Ho messo i  burger in frigo un' oretta a finire  di rassodare poi li ho cotti 5-6 minuti per parte su fuoco moderato in una padella a fondo spesso appena velata d'olio. Tra mani e padella ne avrò usato 2 cucchiai. Sarà merito della "burrosità", dei fagioli ma mi sono stupita di quanto questi burger fossero comunque morbidi. Anche senza la "salsa" che però ci stava davvero bene.
Per la "salsa":
- pomodori maturi ma sodi, meglio se spellati, tagliati a dadini
- peperone a dadini (siccome avevo sotto mano il pelapomodori ho spellato anche quello)
- cipolla di Tropea tagliata fine fine oppure cipollotto
- (avocado maturo)
- coriandolo fresco tritato o, se quello non piace, basilico oppure anche  origano
- (peperoncino verde fresco) 
- sale
- olio e.v.o.
Mescolare tutte le verdure (tradizione vorrebbe che ci fossero anche dadini di avocado ma quello latitava) e lasciar risposare un'ora o più coperto con pellicola. Condire però solo all'ultimo momento per evitare che, salati, i pomodori facciano troppa acqua.

Avevamo preparato anche un tzaziki con yogurt di soja e ci stava davvero bene pure quello.
Piaciuto! Magari piacerà anche a Patt che, mi dicono, ha un mezzo sacchetto di Quinoa che intristisce in dispensa.  Intanto provo a rifare questi burger di fagioli e Quinoa e infilarli in un panino con maionese vegana e rucola. Chissà...? Ci sto lavorando e intanto assaggio esperimenti molto gustosi ;-) 
Kat

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08 novembre 2013

Carrot cake saraceno


Mica si può vivere di sole erbe amare ! Inoltre, nell'orto, l'aiuola di carote tardive ne ha fruttato ben tre cassette. Un po' si regalano, un po' si conservano nella sabbia (incrociando le dita perché è il nostro primo tentativo), parecchie vanno però consumate in fretta perché ferite dalla vanga o da accidenti vari. Per quanto grande sia il frigo, tutte non le può ospitare. E per quanta verdura cruda si mangi in questa casa, c'è un limite a tutto ;-)
Per questo carrot cake vegano e potenzialmente gluten-free (usando ingredienti certificati, zucchero a velo compreso), mi sono ispirata sia ad uno dei miei dolci pre-vegani preferiti  (ancora e sempre, grazie Cat) sia ad una ricetta già sperimentata, anche quella pre-vegana. Nel frattempo, quanta strada ha fatto Gaia ! Brava, brava, brava! (Nel frattempo, qui abbiamo imparato a usare le "uova di lino" ;-)


Le dosi seguenti consentono di sfornare una dozzina di quadrotti oppure di muffin:
- 200 g di farina di saraceno setacciata con decisione*
- 100 g di farina di mandorle (o di nocciole)
- 150 g di zucchero scuro (con una netta preferenza per il Mascobado equosolidale e il suo sapore naturalmente speziato)
- un pizzicone di sale
- un cucchiaino di lievito **
- un cucchiaino di bicarbonato
- un cucchiaino di estratto naturale di vaniglia,
- qualche goccia di estratto di mandorla amara
- 2 cucchiai di semi di lino, (20 g circa)
- 150 ml d'acqua
- 4 cucchiai di olio e.v.o.(o di arachidi o riso, di sapore più neutro)
- 2 cucchiai di "burro" di mandorle (o di nocciole) ***
- 250 g di carote (pesate già mondate)
- il succo di un limone (fondamentale per attivare lievito e bicarbonato)

* La farina di saraceno che si trova in Italia è quasi sempre quella destinata alla polenta taragna. E' ottima ma più che una farina è una semola integrale. Per le torte, di solito uso quella da galettes (Farine de blé noir) che trovo in Francia al supermercato,  integrale sì ma fine. Senno' vado di setaccio. La parte scartata finisce poi nel pane (nell impasto, a piccole dosi e/o sull'asse, a profusione al momento della formatura). 
** Miscela casalinga di polveri lievitanti, trovata credo da Clea: mescolare con cura in un barattolo 50 g di cremor tartaro, 25 g di bicarbonato e 25 g di fecola di mais.
*** In assenza di "burro" di mandorle, andranno bene altri due cucchiai d'olio ma il risultato finale sarà un pelino più sabbioso. 

Si inizia macinando finemente i semi di lino. Si aggiunge l'acqua, si mixa nuovamente per pochi secondi e si lascia a riposo. In qualche minuti diventeranno una papetta mucillaginosa. Non mettete via il mixer, servirà ancora.
Si continua grattugiando le carote. Metà fini, metà grosse, se ne avete il tempo e la pazienza. Quelle fini servono a "bagnare" l'impasto mentre quelle grosse intervengono nella consistenza finale della torta. 
Ora si mescolano (in una ciotola dove sia poi comodo impastare), le farine, lo zucchero e il sale.Vi si setacciano sopra il lievito e il bicarbonato e si rimescola ancora con cura.
Si riprende la papetta di semi di lino e vi si aggiunge l'olio, il puré di mandorle e gli aromi liquidi (vaniglia e mandorla amara) quindi si mixa di nuovo. Basterà mezzo minuto  per ottenere un emulsione che andrà versata nella ciotola delle farine.
Infine si aggiungono le carote grattugiate e il succo di limone e si amalgama il tutto girando velocemente, a mano o con una spatola, senza insistere. (Impastare a lungo serve per pane e brioche; per le torte a base di lievito chimico, serve una mano leggera senno' l'impasto si compatta).
Si mette quindi l'impasto ottenuto nella forma prescelta. Io ho usato una teglia quadrata da 22x22, foderata di carta forno. E ho infornato appena possibile, a 180° per 40 minuti.
Non aspettatevi che cresca molto. Non lo farà.
Fate la prova stecchino. Lasciate raffreddare 5 minuti prima di capovolgere su una griglia. Una volta ben freddo, tagliate a quadrotti o come più vi piace.
Converrà però ricorrere alla dolce magia dello zucchero a velo per ammorbidire la rusticità del tutto.

Si ottiene un dolce  molto leggero sia in bocca che sullo stomaco ma pur sempre parecchio calorico per via delle mandorle. Chiuso in una scatola di latta, ha atteso di buona grazia l'indomani. Anzi, in questo appartiene davvero alla famiglia dei carrot cake. Aspettando qualche ora, migliora.
Il formato muffin cuoce in 25 minuti. Almeno... erano cotti in 25 minuti quelli che ho fatto con le stesse dosi ma farina di riso integrale al posto di quella di saraceno.

Buoni anche quelli ma ci devo lavorare ancora un po', quindi taggo tra gli esperimenti e stiamo a vedere.
E taggo anche, molto volentieri seppur con vergognoso ritardo, il 100% Gluten Free (fri) Day.  Qui, nel posti de La Gaia Celiaca, il senso dell'iniziativa, con tanto di ricetta di biscotti deliziosi.  Ne riparleremo, uh se ne riparleremo! ;-) 


 Kat

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07 novembre 2013

La vicina ha la scarola

Anche noi, parecchia, ma per fortuna solo nell'orto ;-)

Prima di spadellarne le foglie esterne, spiego in due righe perché a noi la scarola mette  allegria ma anche un po' di paura.
Una persona a noi molto cara un giorno ci ha annunciato  con tono drammatico che la vicina, porella, aveva la scarola. Una volta appurata la diagnosi reale, la scarola si è radicata nel lessico famigliare alla voce... arteriosclerosi.
Riderne sì, cercare di evitarla, anche!  Magari senza ricorrere a medicinali. Quindi mangiare del nostro meglio.
Quest'anno nell'orto la scarola abbonda, di conseguenza, oltre ai cuori da mangiare in insalata, abbondano anche le foglie esterne più verdi e meno tenere.
E allora Scarola saltata in padella!

Questo è il tipico piatto umilissimo e gustosissimo.  Un filo d'olio buono in padella, una piccola cipolla tritata, un po' di origano, uno o due pomodori maturi spellati e tagliuzzati alla bene e meglio e, quando il sughetto inizia a legare, tanta scarola, spezzettata e lavata senza quasi sgrondarla. Come tutte le foglie verdi, all'inizio sembrerà impossibile farla stare in padella ma basterà mettere un coperchio e dopo pochi minuti sarà più che dimezzata. Sennò bisognerà aggiungerla in più volte, aspettando che le prime manciate appassiscano e facciano posto alle altre. Manca solo un po' d'aglio spremuto (grande invenzione, lo spremiaglio!) e di sale, entrambi da aggiungere a metà cottura, diciamo dopo una decina di minuti.
Quanto dovrà cuocere la scarola?  A qualcuno piace quasi al dente. Altri la preferiscono più fondente.  Qualcuno, non volendo neppure un filino d'amaro nel piatto, la cuoce prima da sola, strizzandola bene prima di aggiungerla al sughetto.
Qualcuno la mangia calda. A noi piace tiepida o a temperatura ambiente.
Kat

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06 novembre 2013

Mele rosse e Peperoni

Per fretta (o forse per pigrizia, visto che il tempo per due foto l'abbiamo poi trovato), un bel giorno abbiamo ridotto a tre ingredienti e un unico colore la nostra quotidiana insalata mistissima: un peperone rosso, una mela rossa e una cipolla di Tropea. 
Ha ragione Remy, avrei dovuto tagliare per lungo anche la cipolla, sia per bellezza che per renderla più dolce ancora.
Avrei anche potuto pelare il peperone. Sì, sì, a crudo. Scegliendo peperoni carnosi e di forma regolare, bastano tre minuti e un pelapomodoro. Meglio pelarli da interi, però.
Un goccio di limone sulle mele man mano che le affettavo, olio, (pochissimo) aceto e sale per condire e stop.
Davvero una buona sorpresa! Da rifare prima che finisca la stagione dei peperoni (che al supermercato non finisce mai, ma tant'è.) 
Kat

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05 novembre 2013

Come la chiamiamo?

Viene tutti i giorni tra le 9 e le 10 a chiedere cibo e coccole, poi gira un po' in cortile prima di sparire fino all'indomani.

La zampa alzata è il suo modo di chiedere coccole.

"Noooooooooo! Smettetela di coccolare quella straniera e di darle la mia pappa. Dolooooooore !!!"
(Traduzione approssimativa di quanto ci ha urlato Semola dal secondo piano ma il senso era quello ;-)

Kat e Remy

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03 novembre 2013

Gratin speziato di ortaggi (e frutta) di stagione

Dove  le spezie sono un sorprendente mix di zenzero, aglio, limone, coriandolo (sia foglie che semi) e latte di cocco mentre gli ortaggi sono Patate dolci (a.k.a Batate), Barbabietole e Cipolle rosse.  Dell'eventuale frutta dirò dopo perché è una mia aggiunta sperimentale.
La ricetta originale, molto più piccante e meno sugosa della mia versione, proviene dal libro di Jenni Fleetwood The best-ever One-pot cookbook.

Nell'elencare gli ingredienti inserirò anche il peperoncino della ricetta originale. Io, in fase di cottura, l'ho eliminato. Remy ha poi aggiunto un po' di olio piccante nel suo piatto e ci stava davvero bene.

Per la miscela speziata (dose per 4 porzioni) :
- uno spicchietto d'aglio (meglio se spremuto, è più facile da dosare)
- una fettina di zenzero (grande come una moneta da 2 euro), pelata
- la buccia di un limone non trattato (grattugiata), da mezzo a uno, secondo dimensioni
- qualche foglia di coriandolo fresco (iniziare con 6 foglie quindi assaggiare)
- (un piccolo peperoncino verde, senza semi, tritato)
- un paio di cucchiai di olio e.v.o
-(un cucchiaino di zucchero di canna o di sciroppo d'agave)
- 200 ml di latte di cocco 
- poco sale

Le verdure :
- un paio di cipolle rosse piccole o di scalogni grossi, a testa
- una batata medio/grande, ogni due persone
- una barbabietola cotta, grossa come un pugno, ogni due persone
Cruda, la barbabietola richiederebbe un tempo di cottura doppio rispetto alle altre verdure. Va quindi cotta, magari a vapore, anche un'ora buona.

E ancora :
- olio e.v.o
- semi di coriandolo
- sale
- foglie di coriandolo fresco, per guarnire nel piatto

Le verdure, tagliate a pezzi grossi o a spicchi (anche solo a metà nel caso delle cipolle) si fanno rosolare piano, una decina di minuti, in poco olio e.v.o. con i semi di coriandolo. Ho scelto di macinarli per non trovarmeli sotto i denti.
Intanto, si accende il forno su 180° e si prepara la miscela speziata. Basta mettere nel mixer tutti gli ingredienti che si è scelto di usare e frullare fino ad amalgamarli bene, assaggiare e aggiungere eventualmente qualche foglia di coriandolo, ancora un po' di buccia di limone e un po' di sale.
Poi si salano anche le verdure e si sistemano nella pirofila.
Si versa la miscela speziata sulle verdure e si inforna per 45-60 minuti.
In linea di massima, quando il latte di cocco si sarà quasi interamente asciugato, le verdure saranno tenere (fare la prova stecchino).
Servire nella pirofila, meglio se dopo qualche minuto fuori dal forno. Eventualmente con un po' di coriandolo fresco tritato.

Ho scelto di realizzare una versione più sugosa (con l'intera confezione di latte di cocco) sia per pigrizia (una volta infornata non richiede attenzioni per un'oretta) sia per poterla accompagnare meglio con una porzione di cereali, qui una "kasha" d'avena .Grazie Lutsina per avercela portata dalla Polonia. E' molto buona e qui non la trovo.

Piaciuto!
A dir vero ci è piaciuta molto anche la versione più fedele a quella originale, realizzata in seguito per prova. Prevede di mettere molto meno liquido, una sorta di glassa o di pasta di cocco  preparata  usando le stesse spezie ma solo qualche cucchiaio (4 o 5) della parte più densa di una confezione di latte di cocco, per intenderci quella che si trova in superficie se non si scuote la lattina o il tetrapack. Le verdure si fanno rosolare esattamente come sopra ma si infornano  per una ventina di minuti prima di spalmarle (con un pennello) con la miscela speziata. Quindi la pirofila torna in forno per altri 20-25 minuti.

In teoria la presentazione dovrebbe risultare meno rustica della mia versione sugosa, a condizione però di procurarsi patate dolci dalla polpa arancione. Quelle bianche, peraltro buonissime, cambiano irrimediabilmente colore e risultano proprio brutte a vedersi.

Già che c'ero (e avevo poche Batate) ho fatto una prova aggiungendo delle pere "dure" che  uso spesso nei piatti che richiedono un tocco fruttato, vedi le tagine.
Sono quelle fotografate qui sotto. Gli alberi sono così vecchi che neppure il padrone di casa sa dire a quale varietà appartengono. Crude sono molto difficili da addentare mentre da cotte sono appena dolci, meno delle batate per intenderci, non si disfano e danno un tocco leggermente asprigno che ci sta proprio bene.

L'una e l'altra versione torneranno sicuramente in forno.
Kat

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01 novembre 2013

Barbe rosse, gialle e un po' verdi

Ai tempi in cui è nato questo blog, l'idea era di fare, seppure a distanza (tra Aosta e Belluno ci sono 5 ore di macchina) qualcosa insieme, in cucina, nella società civile (e civile per noi significa sia con 2 che con 4 zampe), e nell'orto. Otto anni dopo (essì, a dicembre compiremo otto anni ;-) l'idea è sempre quella. Nel frattempo l'OrtoNando ha lasciato cadere la vanga ed è andato avanti.  Con questa parentesi ortolana, dedicata a radici di stagione, lo abbracciamo, seppure a distanza.


Iniziamo dicendo che le Barbabietole, o Barbe rosse come le chiama la nostra amica Gaia, sono parenti strette delle Coste. Nei secoli, l'uomo - la testa ancora sgombra da nozioni e forse per questo ancora molto bravo ad osservare - ha selezionato alla bene meglio diverse varianti spontanee di bietole (Beta vulgaris). Qualcuna per le sue coste e foglie, qualcuna per la capacità a produrre grosse radici dolci a scapito delle foglie. Qui sopra, il gambo sottile e la fogliolina di una barba rossa in compagnia di una bietola a costa rossa. Lucidata dalla sola natura e dalla sua freschezza. Non l'abbiamo neppure lavata.


Diciamolo,le bietole rosse fanno sempre una gran figura! Nell'orto che condividiamo col padrone di casa, non ci è consentito (per ora ;-) alternare le verdure con i fiori, cosa che invece facciamo nell'orto vecchio seminando anche tagete, calendula e nasturzio tra le patate e i pomodori. Alle bietole rosse però non poteva dire di no. Non che le abbia assaggiate!  Peggio per lui perché  non sono solo solo belle, robuste e prolifiche. Sono proprio buone.  Prima vi proporremo cose più sfiziose (magari già lunedì) ma è in arrivo  anche un ragù di lenticchie e coste rosse. Niente di nuovo peraltro, è una vecchia ricetta tradizionale calabrese.


E' molto vecchia anche la barbabietola qui fotografata. Si tratta della Crapaudine. Noi ci procuriamo i semi oltr'Alpe ma si iniziano a trovare anche qui. Il suo nome, tradotto in italiano, è Rospetta. Vero è che del rospo ha i bitorzoli. Dirla bella sarebbe proprio una bugia. E non è tutto! E' anche lentissima a crescere. Quando cresce... Per questo stava scomparendo dagli orti. In compenso è una regina di dolcezza. Non a caso i francesi  la chiamano "la betterave caramel". E' vero, una volta cotta è di una dolcezza leggermente caramellata. Cruda non è per niente gradevole, in compenso cuoce molto più in fretta delle altre. Diciamo una mezz'ora, meglio se al vapore.


Sono invece molto buone anche crude le tre varietà qui sopra, in particolare la prima, affusolata come una rapanello gigante. Si chiama Forono, cresce in fretta, è dolce sia cruda che cotta e si presta anche a belle presentazioni perché consente di fare belle fette regolari. In Italia però non ne ho ancora visto i semi.
Quella di mezzo è una banale ma molto valida Piatta d'Egitto mentre l'ultima è la nostra più recente scoperta, la Golden Burpee's, seminata quasi per gioco ma decisamente da adottare, sia per bellezza che per sapore.
Anzi, grazie a lei, concludiamo con un raggio di sole. Basta affettarla ! E ovviamente assaggiarla. Buonissima! Forse meno dolce delle cugine rosse ma senza un'ombra di retrogusto terroso, anzi sa un po' di noce, e e di un giallo così vibrante che... parla da solo.

Nando, ciao.
Kat

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