Questa vecchia potse, o pala scrematrice, mi è stata prestata da Carlo. Per noi valdostani, di nascita o d'importazione, è un oggetto importante. Chi non ne ha una vera ne possiede almeno una in miniatura, comprata alla Fiera di Sant'Orso. Io la tengo nel barattolo del sale grosso.
Colgo l'occasione per rispondere ad un quesito di Gic, grande cuoco e amante dei nostri monti.
Dice Gic, commentando
un post sulla Fonduta:
"Siccome che son curioso, questa storia della
Fonduta - Cibo per turisti, la dobbiamo approfondire... Il mezzo ferrarese sostiene che la Fontina, una volta prodotta solo in alpeggio, era usata come merce di scambio, immagino col fondovalle più ricco, per quanto possa essere ricca (qui lo dico col massimo rispetto...) una regione di montagna. E qui, nel fondovalle, la Fontina viene usata per cucinare. Non sto a dire cosa, non è questo il punto. Ma siccome siamo in montagna (dignitosamente povera, sempre col massimo rispetto) si fa in modo di aggiungere alla fontina altri ingredienti, per riempire la panza. Verza e, sopratutto, pane. Qui, con la Valpellenentse (o Seuppa i plat, come dicono i mezzi ferraresi!) si fa uso di fontina al di fuori della mera sussistenza (lo scambio economico...); possibile che a nessun valligiano, mai, sia venuto in mente, prima che arrivassero i turisti, di farsi una Fonduta?"
Temo di no, così come ai montanari svizzeri non sarebbe venuto in mente di fare una raclette e ai montanari savoiardi una tartiflette, prima dell'avvento delle stazioni sciistiche. Lo "spreco" di formaggio occasionato da questi piatti non fa decisamente parte della tradizione alpina. Qui, per quanto nessuno lo ammetta, credo che nessuno si stupisca che la fonduta l'abbiano inventata i cuochi dei nobili piemontesi.
Quanto alla Fontina, provo a buttare giù quello che mi hanno insegnato, negli anni, amici casari, allevatori e tecnici del settore:
La Fontina, una volta, si faceva solo in alpeggio perchè solo in alpeggio il numero delle vacche, mandrie diverse monticate tutte nella stessa malga, consentiva di avere due volte al giorno latte a sufficenza per un formaggio che non si può fare con latte munto ore prima. O è fresco o la Fontina non viene. Non c'è tecnologia moderna che tenga, non viene e basta. Negli alpeggi più piccoli, valle di Gressoney e Champorcher e nelle stalle di fondovalle si faceva e si fa tutt'ora, il fromadzo, ovvero formaggio, una toma più o meno magra, secondo la cura apportata a scremare il latte. Quello tollera benissimo di essere fatto col latte di due o più mungiture.
Con la panna si faceva ovviamente il burro. Burro e Fontina venivano venduti per potersi comprare provviste, stoffa per gli abiti, zoccoli ecc.(pochissimi ecc. un mio vicino ora 70 enne andava a scuola con le scarpe solo se si era alzato prima del fratello).
Lo scambio non avveniva tra zona alta e zona bassa. Chi possiede gli alpeggi (ebbene si la montagna appartiene a qualcuno, anzi a molti, una fetta per uno ;-) chi possiede gli alpeggi vi sale, con le mucche "affittate"a chi non possiede alpeggi, come vi saliva un tempo, ovvero 100 giorni l'anno - anzi, meno perché la monticazione prevede due tappe, una a quota intermedia e una in alto, ai limiti della vegetazione, dove si sale dopo il 14 luglio per circa un mese, per poi ridiscendere a quota intermedia e rientrare poi nelle stalle di pianura a metà settembre.
Ne scende ora come allora con la Fontina prodotta lassù. Ora come allora i giorni di maturazione sono 90. Per questo la Fontina "di Natale" è quella migliore. Nasce dal pascolo di giugno, erba giovane e fiori.
Lo scambio avveniva, come ancora avviene, tra conduttori d'alpeggio e commercianti, chi ha le mucche e le braccia e chi ha denaro liquido. Per un intera stagione d'alpeggio, un ragazzino impiegato come tuttofare -14 ore di lavoro al minino- riceveva, alla fine degli anni 30, mezza forma di Fontina (e un sacco di botte). La prima veniva venduta senza manco assaggiarla.
Anche se il mondo è cambiato molto e molti alpeggi hanno ora l'energia elettrica e l'acqua corrente e lenzuola pulite nei letti, viviamo ancora vicini alla cultura della Fontina, in piena civiltà della mucca, come dice qualcuno.
Ancora oggi l'azienda dove lavoro paga l'affitto annuale di un terreno, precedentemente adibito a pascolo, in base al prezzo della Fontina. Così ha voluto il proprietario. O così o di affittarci quel terreno per piazzarci un traliccio non se ne parlava.
Kat
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